GASPORT (P.F. ARCHETTI) - Anche se lo aspettava il Papa ieri mattina alle 9.30, Karl-Heinz Rummenigge non si alzava dal tavolo presidenziale l’altra notte nell’hotel scelto dal Bayern per il consueto banchetto post partita. «Penso che il calcio italiano soffra il ritmo delle grandi d’Europa», è stata la sua sentenza a quattr’occhi, un’ora dopo il discorso ufficiale per ringraziare la squadra davanti a sponsor e tifosi vip. L’indicazione dell’ex interista, che alla vigilia della partita con la Roma aveva parecchi timori nell’affrontare «la più forte concorrente del gruppo e quasi la migliore della A», è chiara: italiani, se non vi mettete a correre, farete poca strada. Non è la solita considerazione politica – la solita seppur corretta solfa degli stadi antiquati e dei giovani poco sfruttati – bensì una considerazione da uomo di campo. Troppo spezzettate le nostre partite, troppe piene di proteste, simulazioni, falletti che altrove non vengono considerati e che fermano con frequenza ogni incontro. E anche mancanze di preparazione, come diceva Immobile quest’estate, al primo approccio con Dortmund: «L’allenamento è diverso: tanto lavoro tecnico e fisico nello stesso esercizio. Si sono aggiornati tatticamente e si corre di più». Già, si corre di più, come ha detto Rummenigge.
IMPOSSIBILI DA FERMARE - «A fine primo tempo quasi non sapevo cosa pensare, ma comunque un Robben del genere non si sarebbe fermato nemmeno con doti straordinarie», ha poi riconosciuto il dirigente. E questo è un punto a favore della Roma, all’estero riconosciuta come squadra dal gioco e dalla mentalità europea, soprattutto dopo la serata di Manchester con il City. Coraggio Serie A, però non dimenticare la prima sentenza. Nel discorso ufficiale, Rummenigge ha parlato di serata «quasi storica», una partita che «sarà ricordata anche fra dieci anni». Un evento eccezionale, quindi, testimoniato anche da due statistiche: la peggior eurosconfitta interna di un’italiana, la più corposa vittoria esterna del Bayern nella coppa più prestigiosa.
LA VERA DIFFERENZA - La Bundesliga è superiore alla Serie A, visti i risultati internazionali di club e nazionali, ma un divario di sei gol tra i leader tedeschi e la seconda in Italia è esagerato, puzza di straordinarietà e non di consuetudine. Già il doppio 2-0 del Bayern (poi vincitore della coppa) nella primavera 2013 alla Juve di Conte è un segnale più attendibile. In una partita come quella dell’altra sera si sono mescolate prestazioni eccellenti — il Bayern ne fa spesso — e disastri tattici, mentali, di singoli e di preparazione collettiva della gara (alla Roma di Garcia successe solo a Torino con la Juve nel gennaio scorso e finì 3-0). Ragionando sul match singolo non ci sarebbe scampo per i tedeschi di fronte alla Liga, perché il Real Madrid umiliò i bavaresi in casa in aprile, con il 4-0 in semifinale. Ma le squadre hanno curve di brillantezza che spesso non coincidono con gli appuntamenti più importanti. La miglior gara del Bayern di Guardiola era, fino a martedì, il 3-1 in casa del City, dell’ottobre 2013. Stesso periodo attuale. Se il Bayern è al massimo e la seconda delle italiane sbaglia tutto, può diventare uno shock come quello dell’Olimpico. Ma anche l’eccezione non deve diventare un alibi: siamo indietro, anche se non di sei chilometri. Ma sempre dietro, se andiamo così piano.