GUERINSPORTIVO.IT (S. OLIVARI) - Il 7 a 1 con cui il Bayern Monaco ha asfaltato la seconda squadra d’Italia sul suo campo sembra fatto apposta per scatenare gli statistici, gli antipatizzanti della Roma e soprattutto i cantori del declino del calcio italiano (magari anche come metafora di quello del Paese, così facciamo vedere che siamo intelligenti e non leggiamo soltanto le pagine sportive). Invece si è trattato di una grande prestazione di una squadra nettamente superiore, non solo alla Roma, in una serata in cui tutto è andato per il verso giusto ma che certo non è casuale. Perché per ritmo (piuttosto basso, anche se con più verticalizzazioni rispetto all’anno scorso) e trame di gioco (con il modulo a cambiare più volte nei 90′, più per sensibilità dei giocatori chiave che per imposizioni di Guardiola, come ha ammesso lo stesso allenatore catalano), il Bayern dell’Olimpico è stato uguale al tranquillo Bayern di Bundesliga che allieta i nostri sabato pomeriggio, per non citare la Germania campione del mondo (7 a 1 al Brasile in semifinale, a casa sua).
Non c’entra insomma lo stadio di proprietà, magari fra due settimane all’Allianz Arena la Roma si riscatterà, ma un progetto tecnico fondato su giocatori bravi con almeno quattro fuoriclasse assoluti, definibili i migliori del mondo nel loro ruolo senza che nessuno si offenda: Neuer, Lahm, Muller, Robben. Un altro fenomeno come Ribery è stato ormai degradato, mentre Gotze, Alaba e soprattutto Xabi Alonso (il vero cambio di passo del Bayern 2014-15, al di là di Lewandowski) farebbero fare un salto di qualità enorme anche ai maggior club italiani.
Ma dobbiamo parlare della Roma. Che ha scelto di giocare, senza limitare i danni (come contro il Bayern degli ultimi anni hanno fatto in tanti, Juventus di Conte compresa), venendo triturata e replicando il punteggio di 7 anni fa a Manchester. Senza giri di parole diciamo l’unica cosa che ci è piaciuta della serata romanista: gli applausi finali del pubblico ad entrambe le squadre per motivi evidentemente diversi, da dedicare comunque ai professionisti del ‘quanto sono sportivi all’estero’. E usiamo lo stesso metro per dire chi e cosa non ci è piaciuto: De Sanctis, autore di almeno tre errori gravi fra cui quello da cui è nato il primo gol di Robben, Garcia non per l’atteggiamento iniziale (coraggioso, suicida solo con il senno di poi) ma perché per 45 minuti ha guardato la partita da spettatore, Totti che nella serata più nera della storia della Roma ha avuto la bella pensata di rimanere negli spogliatoi all’intervallo dopo un primo tempo in cui i suoi 38 anni sono sembrati 58 (poi ci si inventerà che l’allenatore l’ha voluto risparmiare, magari).
Un po’ come Nesta in un derby di tanti anni fa, cosa che a Roma gli rimproverano ancora oggi, se proprio non vogliamo fare il paragone con Schettino. Ma la logica mediatica romano-romanista vuole che il capitano nelle vittorie sia Totti e nelle sconfitte l’allenatore, un Garcia al quale si imputa l’attaccamento a un 4-3-3 osannato fino a pochi giorni fa. Cosa avrebbe dovuto fare, trasformarsi in Trapattoni e perdere senza nemmeno pensare di vincere? Di sicuro la Roma è naufragata come la Costa Concordia, ma almeno può tornare a galla in pochi giorni.