LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Lo chiama “Peppe”, non Pep: per lui sembra ancora il ragazzotto a fine carriera arrivato dal Barça per fare esperienza in Italia, non un allenatore totem, un mito del calcio mondiale. Lo chiama Peppe e lo ricorda bene: «Ragazzo di un’umiltà fuori dal comune. Glielo dissi io di andare alla Roma, sapete?». Così Carlo Mazzone evoca ai propri occhi l’immagine di Pep Guardiola: all’epoca calciatore al crepuscolo, oggi top manager globale capace di vincere 2 Champions League e 3 volte il Mondiale per club oltre a una pioggia di titoli in Spagna e Germania. Oggi torna da avversario nella Roma in cui giocò (poco) per 6 mesi nel 2002-2003, più turista che calciatore. A Franco Sensi lo consigliò proprio l’ex tecnico giallorosso, oggi in pensione nella propria casa di Ascoli: «Al presidente dissi che avrebbe preso qualcosa di importante. Prima di tutto un grande uomo, ma anche un grande calciatore. Purtroppo però lì non andò bene», dice oggi.
Mazzone, cosa ricorda del Guardiola che allenò a Brescia?
«Avevo lui, Pirlo, Baggio. Peppe era già un grande personaggio, con uno spessore umano superiore. Quando mi disse che poteva andare alla Roma gli dissi: Peppe vai subito, c’è l’ambiente ideale e un tifo unico, Roma è un mondo meraviglioso. E lui mi diede ascolto. Ma a gennaio mi richiamò: «Mister, mi riprende al Brescia?» E come fai a dirgli di no a uno così?».
E stasera per chi tiferà, per la sua Roma o per il Bayern del suo amico Pep?
«Peppe sa benissimo che non posso tifare per lui: sono romano di Trastevere, romanista da sempre, sono stato giocatore e allenatore della Roma. Con tutto l’affetto, non posso tifare per lui. E poi dall’altra parte c’è Totti, che per me è come un figlio».
Eppure sappiamo che l’aveva invitata allo stadio.
«Mi invitò già nel 2009 quando venne a giocare la finale di Champions League e vinse. Quella volta andai, stavolta no, sarebbe stato un po’ imbarazzante per me, anche se sul piano umano abbraccio sia lui che la Roma. Ma è bello che lui e la Roma si incontrino per una partita così importante, la dice lunga su quanta strada hanno fatto entrambi. Comunque un pezzetto della famiglia Mazzone sarà allo stadio, verranno a Roma mio nipote e i miei figli».
Guardiola ieri ha detto: «Mazzone è stato un allenatore importante per me, ho imparato molto da lui umanamente e sul piano del lavoro». Lo sapeva?
«No, e posso dirgli soltanto grazie. Non credo di avergli insegnato qualcosa sul piano tattico, era già un allenatore in campo, e adesso è un monumento del calcio. Ma magari sul modo di lavorare, o su degli addestramenti qualcosa ho dato. Certo sentirglielo dire mi fa piacere».
Le piacerebbe magari affiancarlo in panchina?
«No, non ho più voglia di mettermi in panchina. E pure se ce ne avessi, ho paura che mia moglie non mi farebbe più entrare a casa».