GASPORT (A. BOCCI) - Com’è l’Italia del pallone vista da Mosca? Brutta, litigiosa, in confusione. «Non abbiamo ancora capito che strada dobbiamo prendere per tornare quelli che eravamo nei decenni scorsi». Fabio Capello ha lasciato gli oliveti di Pantelleria per ricevere un premio speciale in una città ancora ferita: all’Aquila gli hanno assegnato il Socrate Parresiaste. La parresia è l’arte di dire tutto, comprese le verità scomode o ritenute tali, e il c.t. della Russia, emigrante di successo da una vita, non si tira indietro quando gli si chiede la sua opinione su due squadre che ha allenato e su una partita che fa ancora discutere.
CHE CONFUSIONE - «E’ stato un episodio molto brutto. Già durante la partita, quelle scene, quelle ammucchiate intorno all’arbitro per ogni decisione. Quando allenavo l’Inghilterra, la federcalcio prese misure per evitare questi comportamenti. Il rispetto per l’arbitro è fondamentale, qua invece si fanno discussioni continue. Ho visto la partita in tv e ci sono rimasto male. E’ stato un brutto colpo, perché in questo momento l’Italia all’estero non è vista esattamente come il top del calcio e questi sono altri messaggi negativi». Questione di rispetto, ma non è che Capello si dia alla filosofia per via del premio Socrate. I suoi discorsi sono precisi e per così dire non si salva nessuno. I giocatori che sono maleducati, i presidenti che non sempre hanno il polso della situazione, gli ultrà che fanno i padroni del calcio e il sistema che glielo permette. «In Italia, a fine partita bisogna sempre andare a salutare gli ultrà. Non il pubblico, gli ultrà e quelli che hanno trasformato questa figura in un mestiere, in business, in potere. In Inghilterra il calcio è organizzato come uno spettacolo, qui è una guerra, è tensione continua».
ABITUDINI - Stoccate a tutti, anche alle società che in Italia ha allenato e vinto. «Quando c’ero io esistevano sette club che potevano vincere, adesso esistono Juve, Roma e Napoli. Non è solo questione di soldi, è questione di saper andare sul mercato. Ma è un fatto: ora ci sono meno soldi, i top non arrivano più e la qualità scende. Se ti alleni con i più bravi hai la lezione da copiare, se i più bravi non ci sono più la qualità collettiva scende». L’unico giocatore di livello superiore arrivato nelle ultime stagioni, dice Capello, è Tevez. Ed ecco che si torna al tema del giorno, anzi, dei giorni: Juve-Roma. Capello è stato sulle due panchine e dice che l’unica cosa che fa la differenza nei club è la mentalità. «Sudditanza psicologica? Io so soltanto che in certi club esiste l’abitudine a vincere. Entri in uno spogliatoio e senti che c’è qualcosa di diverso. Faccio l’esempio del Real Madrid: quando uno arriva lì, capisce che cosa ci sia di speciale. E’ la mentalità vincente che fa la differenza». De Sanctis, dopo Totti, ha ribadito che con la Juve non si va mai ad armi pari, Capello ribatte: «Con la Roma si può vincere e lo dimostro io, che ho conquistato lo scudetto e vinto a Torino. Così non si fa altro che alimentare la guerriglia. E poi non capisco, c’è un presidente, Pallotta, che fa la cosa giusta e chiede di abbassare i toni, e i suoi giocatori li tengono alti. Qualcosa non funziona».
SEGNALI - Di Juve-Roma si è parlato troppo, ma l’Italia è sulla strada sbagliata anche perché si fanno giocare poco i giovani. «Si parla tanto di vivai e di valorizzare i giovani italiani, ma poi quanti miei colleghi danno spazio ai ventenni? Io l’ho fatto con le mie nazionali, ma perché quei ragazzi giocavano tutte le settimane e io avevo la possibilità di valutarli». Il ministro dello sport russo, si è detto, lo ha convocato preoccupato dopo l’ultimo pareggio nelle qualificazioni. Anche qui, Capello dice la sua verità. «Magari mi convocassero alla Duma, non capita tutti i giorni a un italiano di riferire al Parlamento russo. Scherzi a parte, col ministro mi sono visto spesso. Il mio referente è lui». Glissando fra e domande del pubblico e quelle dei giornalisti, cercando sempre e comunque di dire la verità, Capello evita commenti sull’Italia di Conte, ma ha una carezza per Garcia. una per Allegri e una anche per Inzaghi. «Garcia merita i complimenti che gli fanno, la sua Roma gioca un calcio divertente, ma la Juve resta la favorita. Allegri ha portato qualcosa di nuovo alla Juve. A Inzaghi do io un consiglio: ascolti tutti e poi decida sempre con la sua testa». Chi gli ha assegnato il premio pensa che lui abbia fatto sempre esattamente così. Con le azioni e anche con le parole.