GASPORT (C. ZUCCHELLI) - Come Dino Viola non ha paura a parlare apertamente ai tifosi e a farsi sentire, anche alzando la voce, con i giocatori. Come Franco Sensi non ha paura di dare spallate al sistema calcio italiano (vero Tavecchio?). James Pallotta non ha ancora vinto, come i suoi predecessori, uno scudetto. Ma, come i suoi predecessori, ama essere in prima linea, farsi sentire, guidare la nave col piglio fiero del comandante e, quando serve, con l’umiltà del marinaio. D’altronde, uno che si è presentato alla squadra tuffandosi in piscina a gennaio al grido di «Siamo la Roma e non dobbiamo aver paura di niente », un qualche feeling con l’acqua deve pur averlo.
Lo stadio Viola e Sensi speravano di costruirlo e regalarlo a squadra e a città, ma sogno era e sogno è rimasto. Per Pallotta il sogno non si è mai spostato da Boston, il business invece ha varcato l’oceano e lo sta portando a realizzare il grande progetto. Stadio sì, ma anche grattacieli, parchi, negozi, uffici e chi più ne ha più ne metta. «Business is business» e pazienza se di romantico è rimasto poco. Al presidente non interessa, ai tifosi neanche, loro che poco apprezzano il logo cambiato e i prezzi alti dei biglietti (specie di Champions).
Parole di fuoco Pallotta ascolta tutti, si informa, ama farsi raccontare l’umore della piazza. Ma poi decide. E spiazza. Come quando ha scelto di cambiare il logo alla vigilia del derby più importante di sempre o come quando non ha avuto remore nel condannare lo sciopero del tifo deciso contro la Juventus per manifestare la solidarietà a Daniele De Santis, accusato di aver sparato a Ciro Esposito. «Ci saremmo attesi che nel corso di questa grande stagione tutti i tifosi volessero onorare gli sforzi e i traguardi dei nostri giocatori e della società. I tifosi dovrebbero sostenere la squadra piuttosto che altri interessi», tuonò il presidente attraverso un comunicato dettato all’ufficio stampa mentre era ancora nella pancia dell’Olimpico. Non era in Italia, ma in America, un paio di giorni fa quando ha preteso di dedicare le sue parole di fuoco a Mehdi Benatia. La Roma aveva deciso di rispondere al marocchino attraverso la conferenza di Walter Sabatini di domani. Pallotta ha invece deciso intervenire in prima persona: «Ha mentito a tutti noi. Stava avvelenando lo spogliatoio e l’ho voluto fuori. Non è una questione di denaro, ma di personalità». Quella che a lui non manca. Proprio come a Dino Viola e Franco Sensi