GASPORT (D. STOPPINI) - In fondo non c’è niente di più naturale, se chi ha lavorato per portarti a Roma è lo stesso amico che ogni giorno ti dà un passaggio in auto per raggiungere Trigoria. Nel dietro le quinte dell’esplosione di Kostas Manolas c’è anche Vasilis Torosidis, greco come lui, una sorta di appendice del centrale che ha già stabilito un record: in tre partite ha fatto dimenticare Mehdi Benatia. Non solo agli occhi dei tifosi — e forse basterebbe già — ma anche e soprattutto dentro Trigoria. Manolas si atteggia da leader. Si muove da leader. Con la personalità di uno che non ci pensa un attimo a prendere la parola con Garcia, a dialogare con De Rossi, a scambiare opinioni con Totti. Ecco Manolas, l’indispensabile. Per scelta, ancor prima che per necessità.
Predestinato - Il compagno di viaggio di domani sarà Yanga Mbiwa: coppia mai vista, coppia provata ieri pomeriggio da Garcia a Trigoria. Sintonia cercasi. La sintonia con la Roma, quella c’è già. Sabatini lo seguiva da due anni, a inizio agosto aveva provato a far credere altro, in realtà sotto sotto tramava per beffare la Juventus e l’Arsenal, che aspettava il greco un minuto sì e l’altro pure a Londra per fare le visite mediche. Solo che a Manolas andava a genio l’idea Roma. E guai a mettersi contro un tipo così. Uno che gli esperti di scouting greci definivano «un carattere difficile da amministrare, crede estremamente in se stesso, nelle sue potenzialità e capacità, è molto grintoso ed in campo non fa sconti a nessuno». Parola di Giorgio Alafogiannis, osservatore ed ex compagno di Stelios Manolas, lo zio di Kostas, ex difensore pure lui, una bandiera del calcio greco. Chi l’ha visto giocare lo ricorda identico al nipote, che veste la maglia numero 44 perché il 4 non era disponibile, lo stesso 4 di Stelios appunto.
Caratteri duri entrambi - E allora guai a spaventarsi se Manolas domani giocherà la quarta partita consecutiva. Non è tipo che sente la fatica, neppure il dolore: una volta, con l’Aek, segnò all’Olympiacos con una mascella rotta. A fine partita rifiutò di andare in ospedale a farsi visitare. Il giorno dopo ce lo portarono di peso: tre ore di operazione per ricomporre la frattura. Uno così è un predestinato, quantomeno per entrare subito nel cuore dei tifosi. Per entrare a Trigoria con la propria auto, invece, c’è ancora bisogno di aspettare.