IL TEMPO (V. IMPERITURA) - Di quei fendenti che hanno colpito Danielino De Santis durante gli scontri del 3 maggio scorso, nessuno si era accorto prima dei medici dell’ospedale Belcolle, in provincia di Viterbo, nel quale lo stesso ex ultras della Roma era stato ricoverato, per motivi di sicurezza dopo la morte di Ciro Esposito, deceduto dopo 53 giorni di agonia in un letto del policlinico Gemelli. Non se ne erano accorti i dottori del Gemelli dove era stato ricoverato negli attimi successivi agli scontri, né tantomeno se ne erano accorti i sanitari della struttura protetta del carcere romano di Regina Coeli. Ma la «svista» dei medici che per primi visitarono De Santis riguarda anche la profonda ferita che «Danielino» ha subito sulla fronte e di cui, almeno negli atti, non c’era traccia fino ad ora.
Una serie di errori marchiani su cui gli inquirenti stanno tentando di fare luce, visto che lunedì il pm Eugenio Albamonte e Antonino Di Maio hanno acquisito la cartella clinica dell’ex ultras giallorosso - già passato alle cronache per essersi reso protagonista dell’interruzione di un derby tra Roma e Lazio nel 2004 - e intendono andare fino in fondo alla vicenda. Dalla monumentale relazione che gli esperti del Racis dei carabinieri hanno presentato ai magistrati intanto, risulta solo un coltello tra le numerose armi, anche improvvisate, rinvenute dagli investigatori nei momenti immediatamente successivi ai violentissimi scontri che caratterizzarono le ore precedenti alla finale di coppa Italia tra la Fiorentina e il Napoli. Su quella lama a serramanico, gli esperti hanno rinvenuto materiale organico riconducibile a Danielino De Santis anche se non sono state rinvenute tracce di impronte digitali.
Così come non sono state repertate neanche sul collo di bottiglia rotto rinvenuto nelle immediate vicinanze del circolo Ciak Village, teatro dell’aggressione di De Santis a suon di bomboni e petardi, della reazione di tifosi del Napoli che transitavano su Tor di Quinto per dirigersi verso lo stadio Olimpico, e che potrebbe essere stato utilizzato dai supporters del Napoli per infierire sul corpo del presunto sparatore che aveva ormai esploso i colpi contenuti nel caricatore della sua pistola. Pistola su cui stanno lavorando gli investigatori per tentare di risalire al numero di matricola che è stato cancellato con un trapano.
Ed è proprio la mancanza dei riscontri delle impronte digitali che rende ancora più difficile l’individuazione di chi tra i supporters partenopei, materialmente, si sia avventato sul corpo del presunto killer prima e dopo l’esplosione dei colpi di pistola. E così tra pistolettate, puncicate, agguati inaspettati e ritorsioni immediate, emerge un quadro di ordinario squallore ultras che ha finito col lasciare sul campo un morto ammazzato (Ciro Esposito, colpito al torace da un colpo 7,65), un ferito gravissimo (lo stesso attentatore che per mesi è stato tra la vita e la morte e che ha rischiato seriamente di vedersi amputare una gamba) e due feriti lievi (accusati, ad oggi, di rissa aggravata).