LA REPUBBLICA (F. BIANCHI) - Il n.1 dello sport italiano, Giovanni Malagò, è stato squalificato (inibito) per sedici mesi da “ogni attività sociale e federale” dalla Commissione disciplinare della Federnuoto. Questa decisione comunque riguarda solo la sua carica di presidente della società Canottieri Aniene di Roma, in quanto tesserato alla Fin, e non va a toccare le sue funzioni da numero 1 del Coni.
Malagò, secondo la Disciplinare, avrebbe infranto il codice di lealtà e correttezza dello statuto del Comitato olimpico, accusa gravissima, per aver espresso, nella Giunta Coni del 4 marzo scorso, frasi “su una doppia fatturazione da parte della Federnuoto”. Il viceprocuratore, l’avvocato Sammarco, era stato molto severo con Malagò: «Affermazione che getta discredito » aveva scritto nelle dieci pagine dell’atto di deferimento. Il presidente del Coni è stato punito ieri dalla Disciplinare presieduta da Sansonetti: ora la parola alla Caf della stessa Federnuoto, il cui presidente, Maruccio, di Sansonetti è il cognato. Giustizia domestica, appunto... Ma la vicenda potrebbe trascinarsi per 3-4 mesi perché dopo la Caf potrebbero pronunciarsi anche il collegio di garanzia del Coni, presidente l’ex ministro Frattini, e il Tas di Losanna. Dura la reazione di Malagò: «Trionfa l’illogicità. Mi è stato attribuito un fatto inesistente e per questo sono stato condannato. Disconosciuta la Giunta Coni che aveva indicato nel Collegio di Garanzia l’autorità a cui richiedere un parere». E attacca, seppur indirettamente, il nemico Barelli: «La decisione conferma ancora una volta che è stato necessario riformare il codice della giustizia sportiva perché questo fosse realmente rispettoso di quei princìpi che regolano l’ordinamento dello sport. E non a caso su 75 componenti, l’unico voto contrario in Consiglio Nazionale su questa delibera è stato del Presidente della Federnuoto...». La guerra fra Malagò e Barelli si trascina dal febbraio scorso: entro il 20 dicembre il gip della Procura della Repubblica di Roma dovrà decidere se archiviare (come voleva il pm, ma la Coni Servizi si era opposta) o se rinviare a giudizio Barelli (in questo caso il Coni chiederebbe il commissariamento della Federnuoto). A due anni da Rio, una vicenda che certo non fa bene allo sport italiano.