Sei ore di patti e dispetti scontro Agnelli-Preziosi

12/08/2014 alle 10:38.
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IL MESSAGGERO (N. CIRILLO) - Dei fragoloni enormi, lasciati a galleggiare di buon mattino nelle vaschette del ghiaccio -transgenici, chissà- lasciavano immaginare che giornata sarebbe stata. Ma solo immaginare. Perché la realtà si sarebbe rivelata superiore all’immaginazione. Bisognava starci sulle pedane di questo circo, bisognava passarci quelle sei-sette ore in un andirivieni ossessionante di caffé bruciati al ritmo di noccioline, di strette di mano disperatamente cercate e alla fine trovate, di baci sudati ma valgono pure quelli, per capire alla fine, davvero, di che si tratta. Per capire il mondo del calcio, il nostro calcio. A cominciare dalla location, da brividi. L’Hilton Rome Airport, che è perfetto e caro quanto basta solo se hai un maledetto volo intercontinentale in coincidenza, solo se sei un giapponese che non ha voglia di vedere il Colosseo. Oppure, a voler stringere, se sei chiamato a eleggere il nuovo presidente della Federcalcio quattro giorni prima di Ferragosto. E loro c’erano tutti, 274 delegati almeno all’inizio, solo quattro assenti, arrivati da tutta Italia con motivazioni discretamente diverse. Dal semiquestuante in camicia a mezze maniche alla stangona in tailleur, fino ai volti noti, ai Perrotta, ai Rivera, ai , e ancora più su fino ai supernoti, Andrea Angelli, Adriano Galliani e anche Massimo Ferrero, er Viperetta, il presidente della Sampdoria, che una parte sul proscenio l’ha sicuramente avuta, se non altro quando ha sparato a salve su Lotito: «Uno come lui, se c’è un matrimonio vuol fare lo sposo. E se c’è un funerale vuole fare il morto».

NIENTE COLTELLI - Atmosfera molto , insomma, e se c’erano i coltelli non si son visti. Magari si vedranno. Talmente da consentire a una hostess piuttosto sfacciata di ammettere: «Mi dispiace, non c’è wi fi». In tutto questo turbinio di facce note, storditi da questo profumo di potere vero e di soldi, di grandi imprenditori, di storie di indiscusso e meritato successo personale, alla fine bisognava rassegnarsi: non era stata organizzata neanche una vera sala stampa. A meno che non si voglia definire tale una stanzetta per pochi intimi e subito presidiata militarmente dai colleghi delle agenzie. Occhi aperti, però. Perché la notizia è sempre in agguato, fra una poltroncina e l’altra: Andrea Agnelli, che come tutti sanno è il discendente di una dinastia di alto lignaggio, incontra , presidente del , proprio all’altezza di un distributore di caffè, e perde molto del suo aplomb: «Non parlare più di me. Anzi, chiedimi scusa». Riserverà più o meno lo stesso trattamento, pochi minuti dopo, anche al presidente della Lazio Lotito, colto alle prese, ormai, con il suo ottavo telefonino. Ma non se ne saprà di più: schermaglia sicuramente abrasiva, ma rimasta segreta. 

I DUETTI - Non è rimasto segreto, invece -e nessuno dei due, forse, lo avrebbe voluto- il duetto fra il presidente del Aurelio De Laurentiis e ancora Lotito. De Laurentiis che esce fuori dalla cabina elettorale e che gli mostra il voto per dire: «Anch’io sto con Tavecchio». Valli a capire questi due, così sideralmente diversi, un romano fin troppo espansivo e un napoletano austero. Si incontreranno mai?
Godibilissimi i remake. A un certo punto c’è una Rosella Sensi che incrocia Daniele Pradè. Ve li ricordate? Erano la Roma di Spalletti, due facce pulite, due vecchi ragazzi che ci avreste puntato il futuro. E invece la vita li ha divisi: la Firenze di lui gli ha regalato una giacca che non gli sta più, i bottoni che scoppiano, la Roma di lei le ha dato un’aspetto da signora vera, e forse era quello che voleva. Ma è Rosella che incalza: «Dai Daniele, vieni qui».
Manca solo il buffet, perché un popolo -come stavolta il popolo del calcio- lo si giudica sempre davanti al buffet. Beh, l’Hilton ci ha messo lo zampino perché l’enorme gazebo è rimasto senza aria condizionata, come per dire: mangia e fila via, il prima possibile. L’assalto ai mattoncini di parmigiana è stato risoluto ma alla fine dignitoso, un piccolo esercito di affamati che ha rispettato la fila. Tavecchio non c’era, aspettava di prendersi il piatto.