GASPORT (M. CECCHINI) - Un giorno di tre anni fa, quando la comunicazione con l’umanità non era uno scoglio troppo duro da affrontare, Walter Sabatini raccontò a una radio privata romana una verità spietata e vincente: «I tifosi faranno bene a non affezionarsi troppo ai propri calciatori, perché nel calcio moderno non è detto che le lunghe permanenze siano un vantaggio». Dal punto di vista economico un concetto inappuntabile, e l’ultima cessione di Benatia – acquistato per 13,5 milioni e venduto al Bayern per 26 (bonus esclusi) – ne rappresenta solo la cartina di tornasole più recente. Insomma, non saranno i «61 milioni» iperbolicamente (e sfrontatamente) richiesti da Sabatini a maggio, ma di sicuro non pochi.
RICCHI E VINCENTI - Ma far soldi vendendo dei talenti non è un’arte esclusiva. Ciò che è realmente difficile è cedere – come si dice: realizzare plusvalenze – e mantenere (o addirittura innalzare) il livello della competitività. È proprio ciò che è successo alla Roma nella scorsa stagione quando – grazie alla cessione di Erik Lamela per 30 milioni (era stato pagato circa 21 tutto compreso) e, soprattutto, a quella di Marquinhos al Psg per 35 milioni (aveva firmato per 4,5) – il club non solo aveva assestato il bilancio, ma aveva potuto costruire una formazione in grado di sognare a lungo. Non solo. Se i due (innegabili) talenti ceduti nelle loro nuove realtà hanno stentato un po’ (il brasiliano) e parecchio (l’argentino), la politica «low cost» invece è stata ripagata dai risultati.
ITURBE & CO. - Una cosa è certa: oltre che alla gioia dei mediatori, movimentare tanto denaro aiuta anche l’asfittico mercato italiano e così la Roma ha messo a segno il colpo Iturbe (quasi 30 milioni tutto compreso) strappandolo alla Juventus, ha soffiato Astori (7 tutto compreso) alla Lazio e adesso tenta la scommessa con Manolas, sulle cui tracce si erano mosse anche Juve e Napoli, per non parlare delle onerose scommesse sui baby talenti Uçan (4,5 più 11 milioni), Sanabria (5 milioni più bonus) che, a naso, potrebbero essere le plusvalenze prossime venture. Istruzioni per l’uso delle «verità». Nella vita – e ancor più nel mercato – è il non detto quello che fa la differenza. Non è un caso forse che Donna Tartt, scrittrice statunitense, racconti come «siano i nostri segreti a definirci, e non il volto che mostriamo al mondo». E se questo sia una promessa o una minaccia, in fondo, dipende solo dalla nostra sensibilità.