IL MESSAGGERO - Zdenek Zeman non sbaglia. Quindi, a più di un anno di distanza dall’esonero nella Roma, non cerca rivincite. Ciò che di buono ha fatto resta e il modo per evidenziarlo lo trova, su qualche disastro romano si passa sopra. «Per me conta solo fare bene. E poi perché parlare di rivincite: la squadra in quella stagione aveva raggiunto la finale di Coppa Italia», dice il boemo, che in quella competizione ha saltato la semifinale di ritorno con l’Inter e la finale con la Lazio, guidando la squadra contro la Fiorentina e nell’andata coi nerazzurri. «Quell’anno, a detta di molti, la Roma giocava il miglior calcio del torneo, aveva battuto tante grandi. Sono stati valorizzati tanti giovani, che hanno portato soldi alla società». Tutto vero, almeno fino a dicembre. Poi il crollo, magari non solo per colpe sue. Sempre con la Roma, il problema più grosso era stato De Rossi e la sua gestione tattica. «Forse mi ha sofferto lui, io non l’ho mai sofferto». Fatto sta che il rapporto tra i due non è mai decollato, con conseguenza disastrose per la squadra. Ma ormai è acqua passata: Zeman ricomincia dal mare di Cagliari. «Avevo raggiunto l'accordo con il Bologna, ma mi sono spaventato per la situazione societaria. A Cagliari c'e la nuova proprietà, c'è entusiasmo: una buona scelta anche per me. Una squadra che ha fatto la serie A per tanto tempo ma ora sono cambiate tante cose: stiamo parlando di presidenti diversi. Cercheremo di costruire una squadra che riesca a divertire». Comincia l’avventura subito con due spine: Astori e Cossu. «Sono sempre stato dell'avviso che non esistono giocatori incedibili, dipende da quello che si vuole fare. Astori è un giocatore importante e penso che abbia qualche richiesta importante, se può migliorarsi è giusto che lo faccia. Noi saremmo contenti se rimanesse, ma non voglio tarpare le ali a nessuno. E Cossu? È da anni a Cagliari e ha fatto molto bene. È avanti con l'età, bisogna vedere le sue motivazioni».
IL CALCIO DI CHI LO AMA
Far divertire il Cagliari e forse ridare un sorriso al calcio italiano, ormai in un oscurantismo cronico con in più la batosta consumata al Mondiale in Brasile dalla Nazionale di Prandelli. Gli azzurri senza ct, la Figc senza presidente. E’ tutto da ridare. «Oggi si parla di cambiare tutto, ma se l'Italia avesse vinto un'altra partita non staremmo qui a parlarne. Ora mi sembra chiaro: il calcio italiano non è più dov'era prima. Chi metterei alla guida della Figc? Chi ama il calcio e non i soldi. E comunque chi vuole cambiare qualcosa, questo serve oggi. Penso che siamo rimasti un po’ indietro, noi siamo sempre quelli che pensavano che non ci può succedere niente, che siamo molto bravi senza fare niente. Mentre altri paesi fanno qualcosa per il calcio, qua si fa poco». E nemmeno getta la croce addosso a Balotelli. Non può essere un singolo la causa di un disastro. «Mi dispiace per quello che sta succedendo: prima era tutto incentrato su di lui. Poi ha sbagliato, ma come tutta la squadra. La colpa non è solo sua».