GASPORT (A. PUGLIESE / C. ZUCCHELLI) - A leggere i numeri, viene quasi paura: 88 gare con il Mali condite da ben 24 gol, 17 titoli vinti in carriera (di cui 14 con il Barcellona, gli altri tre con Lorient, Lens e Siviglia), 97 gare europee (con 8 gol) ed un riconoscimento lontano nel tempo ma illuminante per la sua carriera futura come il titolo di miglior giocatore del Mondiale Under 20 nel 1999. Che Seydou Keita fosse un giocatore vincente lo si sapeva, che sapesse trasmetterlo a parole con la semplicità di chi ha la consapevolezza di sapere di essere forte lo si è visto ieri, ascoltando le sue prime parole giallorosse: «La mia missione qui sarà quella di aiutare il club a stare ad alti livelli — dice il centrocampista africano — Io vecchio? Ho 34 anni, ma fisicamente mi sento giovane, il ginocchio ora va anche molto meglio. Ho voglia di vincere ancora dei titoli. A Valencia, appena arrivato, mi fecero la stessa domanda. Ora voglio proseguire quel cammino, lì siamo arrivati alle semifinali di Europa League, con una grande squadra».
Pedigree Sabatini e Garcia lo hanno voluto anche per questo, perché l’esperienza europea che ha Seydou alla Roma non ce l’ha nessuno, neanche un certo Francesco Totti. E per far bene in Champions, servirà anche (e soprattutto) quella. «Difficile dire adesso dove potremo arrivare, di certo il calcio è imprevedibile e noi giocatori dovremo essere all’altezza delle aspettative del club e della tifoseria. Sono tornato dalla Cina per lottare per obiettivi importanti, la Champions è proprio uno di questi». Ed è uno di quei concetti che da oggi, giorno del raduno, Rudi Garcia cercherà di inculcare un po’ in tutti. «È un grande allenatore, lo ha già fatto vedere lo scorso anno. Ma nel calcio contano i risultati, aspettiamoli».
Mentalità Keita ha firmato per un solo anno, nonostante a Valencia si siano quasi strappati i capelli quando hanno saputo che sarebbe andato via. «Alla mia età è giusto procedere passo dopo passo: questi saranno 9 mesi di lotta quotidiana, se tutto andrà bene non sarà un problema prolungare quel contratto». Lotta quotidiana, tanto per capire come è fatto Seydou. Uno che non si accontenta mai, nonostante abbia già vinto tutto. E che nel cuore ha anche altre cose, come il suo paese. «Sono il capitano della Nazionale, cercherà di portarla alla Coppa d’Africa. Il mio paese per me è tutto». Se sarà Coppa d’Africa, per la Roma sarà un problema. Ma per avere uno così, che combatte in ogni momento della sua vita, un problema del genere si può anche affrontare.