CORSERA (F. MONTI) - Demetrio Albertini non si arrende e ha deciso di presentarsi all’assemblea elettiva della Federcalcio a Roma, fissata per l’11 agosto. Glielo hanno chiesto calciatori e allenatori e lui non si è tirato indietro, pur sapendo di partire battuto. Carlo Tavecchio ha ricevuto ieri a Roma dalla Lega Dilettanti (ne è il presidente dal 1999) la pubblica investitura per diventare il successore di Giancarlo Abete davanti a Lotito (il vero deus ex machina dell’operazione), al presidente della serie A, Beretta (che ha portato il documento con le richieste votato all’unanimità in Lega), a Carraro e a Matarrese, che hanno guidato la Figc in passato. Carraro ha definito Tavecchio «un personaggio poco glamour, come si dice adesso, ma solido e affidabile», però l’esordio da candidato, con larga maggioranza annunciata, non è stato entusiasmante, quando il futuro presidente ha parlato degli extracomunitari: «Le questioni di accoglienza sono una cosa, quelle del gioco un’altra. L’Inghilterra individua soggetti che vengono accolti, se hanno professionalità per giocare; noi invece diciamo che Opti Pobà, tanto per inventare un nome, è venuto qua che prima mangiava le banane e adesso gioca titolare nella Lazio. E va bene così». Per la verità non va bene, però Abete era troppo colto, citava Gandhi e Einstein e bisogna sempre cercare di peggiorare, anche se in serata sono arrivate le scuse di Tavecchio: «Le banane? Non mi ricordo neppure se ho usato quel termine, e comunque mi riferivo al curriculum e alla professionalità richiesti dal calcio inglese per i giocatori che vengono dall’Africa o da altri Paesi. Se qualcuno ha interpretato il mio intervento come offensivo, me ne scuso. Tra l’altro la mia vita è improntata all’impegno sociale, al rispetto delle persone, tutte, e al volontariato: in particolare in Africa».
A parte le questioni ortofrutticole, in un’ora di intervento Tavecchio ha illustrato le linee guida del suo programma articolato in undici punti, sotto il titolo: «Il gioco del calcio al centro dei nostri pensieri». L’obiettivo è chiaro: «Ridare dignità alla federazione, che deve ritrovare un ruolo centrale». Come sempre avviene in campagna elettorale, si è parlato di tutto e si è promesso la rivoluzione: revisione della governance («la madre di tutte le battaglie sono le riforme statutarie e in particolare la riforma del quorum che deve scendere dal 75% al 65%, altrimenti con il diritto di veto occulto si può bloccare sempre tutto») e dell’organizzazione federale; lotta contro la violenza; riqualificazione del prodotto calcio; rilancio del Settore Tecnico e sviluppo dei Centri di formazione federale; ripensamento del Settore Giovanile e Scolastico; ricerca di nuove risorse economiche; miglioramento della comunicazione; revisione del progetto Club Italia; organizzazione di grandi eventi; maggiori rapporti con Governo («non può esimersi da interventi legislativi su fiscalità e impiantistica») e Coni («prima di rivedere i contributi dovranno riflettere»), per arrivare all’autoconsistenza finanziaria; riforma dei campionati (con visioni differenti fra A e B) e regole. Di sé, citando il precedente di Artemio Franchi, ha detto: «Io sono inadeguato? Sentiamo gli adeguati... Sono vecchio? Ho 71 anni e che cosa devo fare? Ammazzarmi? Questo Paese è addormentato, si sveglia per un fatto biologico. Io esco di casa alle 7.30 con la voglia di vivere, non aspetto che mi chiamino alle 10.30. Se qualcuno pensa che andiamo a creare un Re Travicello, si sbaglia; non faccio compromessi. La situazione imprevista che si è creata dopo il gol di Godin al Mondiale sta cambiando la mia vita». E su Albertini? «Tutti i grandi programmi si riducono a quattro paginette. Conta più un lancio di 40 metri del lavoro di anni».
Argomento c.t., il più delicato visti i tempi ristretti (Olanda il 4 settembre in amichevole; Norvegia il 9 per Euro 2016): «Dobbiamo giocare con gli olandesi, ma chi ci mando? Ci mando Rivera!», presidente del Settore Tecnico e coetaneo di Tavecchio. Ma la spiegazione è stata più articolata, dopo aver negato contatti con Conte, Mancini e Guidolin: «Non ho intenzione di fare nessuna dilazione. Se dipenderà da me, il c.t. arriverà nella prima settimana di presidenza. Ma dobbiamo creare il capo di una scuola che va dall’Under 15 alla nazionale. Serve una persona competente, che dia una garanzia di 2-3 anni. Non è un progetto che si può realizzare in sei mesi. Ho in mente tutte persone di prestigio, ma bisogna vedere se vengono con le nostre ristrettezze economiche».