IL ROMANISTA (D. GIANNINI) - Un muro, scolpito nel marmo, o semplicemente “una branda” come dicono alcuni tifosi che lo hanno visto giocare. Piace, piace a tutti Eder Alvarez Balanta, il 21enne difensore colombiano del River Plate. Piace soprattutto alla Roma, tanto che dall’Argentina dicono addirittura (fonte elintransigente. com) che il l’accordo tra i due club sarebbe vicinissimo. A che cifre? Difficile dirlo. Non poco, ma neppure roba da capogiro, anche se Daniel Passarella, l’ex presidente del River che lo ha scoperto e che stravede per lui considerandolo l’unico possibile erede di Thiago Silva, diceva che il ragazzo valeva 50 milioni. Una battuta, ma comunque per portarlo via da Buenos Aires servono soldi freschi che i “millonarios” possano reinvestire poi subito sul mercato. Lo scorso anno pare che alla porta del River abbiano bussato in tanto. Sembrerebbe anche il Milan, meglio Ariedo Braida. Ma, di fronte a una richiesta di 15 milioni, i rossoneri furono costretti a fare marcia indietro. Ora invece le grandi del nostro calcio lo vogliono tutte. E in effetti sembra un colpo da non farsi scappare, perché Balanta viene descritto come un predestinato. Uno forte fisicamente, tecnicamente e caratterialmente. Insomma, uno maturo, uno alla Samuel, anche se il loro stile di gioco è piuttosto differente. E non potrebbe essere altrimenti visto che Balanta è uno che, sebbene sia giovanissimo, difensore centrale non ci è nato ma ci è diventato. Prima non lo era, prima era una mezzapunta e con queste credenziali si presentò al provino per il River. Ma andiamo per ordine. Èder Fabián Álvarez Balanta nasce a Bogotà il 28 febbraio 1993, calcisticamente cresce nel settore giovanile dell’Academia Compensar, scuola calcio di periferia in cui lavorava anche il padre. Lì si mette subito in evidenza grazie ad un fisico cresciuto in fretta e a un notevole dinamismo che convince il suo tecnico ad utilizzarlo sulla fascia sinistra di difesa. Nel 2011 piombano su di lui i migliori club colombiani, lui però sceglie un piccolo club, il Bogotà FC.
Ma è solo una breve tappa della sua carriera. La svolta arriva nel 2012, quando viene chiamato per un provino al River. Arriva a Buenos Aires e conquista tutti. Parte dalle giovanili, ma nel giro di pochi mesi finisce in pianta stabile in prima squadra, voluto dal tecnico di allora, l’ex laziale Almeyda. Ma non è lui a capirne a pieno la qualità, bensì un altro ex “italiano”, Ramon Diaz, che nel frattempo si è seduto sulla panchina dei Millonarios. Succede un po’ per caso, come spesso accade: c’è un’ecatombe di difensori centrali e così Diaz chiama lui per giocare nel mezzo di una difesa a tre. Una prova, un tentativo. Un successo clamoroso. Balanta non esce più di squadra facendo faville grazie al suo fisico che non teme mai il contrasto e a un grande senso dell’anticipo. Ma non solo, perché ha anche un bel piede (quello sinistro, è mancino), sa impostare, ricordi di quando giocava in posizione molto più avanzata. Tecnica, fisico (anche se con i suoi 181 centimetri non è proprio un gigante), buon colpo di testa, Balanta ha anche carattere, appare più maturo della sua età. La testimonianza viene direttamente da lui, nel giorno del suo debutto in prima squadra.
E’ il 7 aprile 2013: il ragazzino, appena 20enne, fa una grande prestazione contro il Racing Avellaneda e a fine partita viene inseguito dai cronisti. Si presenta davanti alle telecamere per la prima vera intervista da professionista. Timido? Macché. Prima di rispondere alle domande, prende lui la parola: «Chiedo scusa, posso fare un chiarimento? Il mio nome è Éder Fabián Álvarez Balanta. Sui mezzi di comunicazione argentini mi chiamano Eder Balanta e non è così che si dice. In Colombia mi chiamano Éder Álvarez o Álvarez Balanta». E allora è bene chiarirlo: Eder Fabian è il nome, Alvarez è il cognome del padre (Wilmer), Balanta quello della madre (Ana Julia). Dopo quel debutto nessuno lo ha più spostato dal centro della difesa. Titolare nel finale di quel campionato giocando 8 delle ultime 11 partite. Titolarissimo anche quest’anno, fino a meritarsi la chiamata in nazionale. Ora non è più un gioiello per pochi ora lo conoscono quasi tutti. E tutti lo vogliono. Vogliono questo ragazzone rapido e con una esplosività muscolare che gli ha fatto guadagnare il soprannome “El Coyote”. Uno tosto, ma non scorretto, uno equilibrato, maturo, abile nel leggere l’azione e posizionarsi correttamente in fase di non possesso, così come nel dare il “La” alla giocata e proporsi per il passaggio in fase di impostazione. In altre parole, uno da prendere al volo.