GASPORT (M. BREGA) - Dopo un viaggio è giusto fermarsi e sottolineare con l’evidenziatore le cose più interessanti. Perché la memoria non scolorisca gli appunti e perché le cose positive trovino un’applicazione pratica. Al termine di una stagione fatta di interviste, ecco i punti in comune dei presidenti di Serie A. Le idee e le proposte per ripartire, per svoltare, per cambiare passo al nostro movimento.
Lo stadio Il luminol rileverebbe il maggior numero di impronte sul tasto della stadio nuovo e di proprietà. Tommaso Ghirardi (quando era ancora ufficialmente il numero uno del Parma, lo scorso 18 gennaio) disse chiaramente: «È importante intervenire subito per aiutare i club a costruirsi il proprio stadio e farlo diventare una forma di introito rilevante per la gestione sportiva». Chi ha già iniziato i lavori è l’Udinese. «Il nostro intento è di offrire un’alternativa a tutti i cittadini, tifosi e non, per vivere lo stadio anche nei giorni della settimana in cui non si giocano partite» - spiegò Gianpalo Pozzo, patron dei friulani, il 25 gennaio. E il concetto di condivisione, da quelle parti, lo stanno portando avanti ormai da 27 anni abbondanti. A Verona il Bentegodi è diviso dalle due squadre della città. Maurizio Setti, numero uno dell’Hellas, il 21 dicembre disse: «Sul nuovo stadio della città ci sono stati progetti in passato, ma con presupporti impossibili da percorrere adesso. Parliamo di utopia. Semmai c’è da parte del Comune la disponibilità a migliorare il Bentegodi, d’accordo con il Chievo». Sensibile al tema è sempre stato Erick Thohir che lo scorso 24 maggio disse alla Gazzetta: «Discuteremo se restare a San Siro o costruire un nuovo impianto dalla prossima stagione. Prima abbiamo avuto altre priorità». Da Milano a Roma, il discorso rimane sempre incastrato tra le esigenze di una o dell’altra squadra. «Non ci sarebbe nulla di più bello che vedere Francesco (Totti, ndr) fare per primo l’ingresso nel nuovo stadio giallorosso » - dichiarò James Pallotta, presidente della Roma, il 30 novembre. E Urbano Cairo apre il cuore Toro: «Far rinascere il Filadelfia è la nostra priorità».
Giovani Lo spirito dei giovani è l’alimento principale per il movimento calcistico. E anche in Italia dovrebbe essere così. «Un tempo il vivaio era appannaggio di realtà come Torino e Atalanta - sottolineava ancora Cairo -, adesso tutti vi investono perché hanno capito che dà rendimenti maggiori». E forse sarebbe anche il caso di pigiare il timbro del cambiamento sull’introduzione delle seconde squadre. «Purtroppo le rose ampie sono la conseguenza della politica del nostro calcio di non permettere le seconde squadre da far partecipare ai campionati inferiori o acquisire altri club professionistici - spiegava Pozzo - dove far giocare i propri tesserati e tenerli pronti per la prima squadra». Chi ci crede da sempre è la Juventus: «Il progetto è propedeutico alla crescita dei talenti - diceva Beppe Marotta, a.d. bianconero, il 5 aprile scorso -. Consente di avere, peraltro, una metodologia di allenamento unificata alla prima squadra e di far crescere gli allenatori, com’è successo al Barcellona con Guardiola».
Formato Infine il formato del campionato. Molto si è discusso in questi ultimi anni, qualcuno si è mosso (la Lega Pro) e tanti sono rimasti immobili. «È necessaria la riduzione della Serie A a 18 squadre» - ha tagliato corto Marotta. Ghirardi invece ha proposto un’idea differente: «Io sono favorevole a una Serie A con 20 squadre. Però ci dovrebbero essere soltanto 2 retrocessioni. La B andrebbe ridotta a 20e ci dovrebbero essere solo 2 gironi di Lega Pro. Lì è stato fatto un buon lavoro con la riforma a 60 squadre, ma dovrebbero scendere a 40». Sul tavolo le proposte ci sono, quel che manca forse è la sintesi. Per tagliare corto. Accorciando i tempi delle scelte e alzando la competitività del nostro calcio