IL FATTO QUOTIDIANO (V. PACELLI) - Partiranno spedizioni punitive. Sul web la minaccia circola da giorni. Dopo il ferimento di Ciro Esposito, il giovane napoletano colpito da alcuni proiettili e ancora in coma farmacologico, c’è chi cerca vendetta. L’obiettivo sarebbe il gruppo vicino a Daniele De Santis, l’ultras romanista accusato dalla Procura di Roma di aver premuto il grilletto. La tensione per la partita di domenica tra Roma e Juventus è altissima.
Il prefetto della Capitale Giuseppe Pecoraro ha già deciso di anticipare il match alle 17:45. E si cerca di garantire maggiore sicurezza aumentando il numero di agenti presenti rispetto a quelli di sabato scorso per la finale di Coppa Italia e monitorando anche quelle che sono le zone a rischio: come quella del Ciak Village dove è avvenuta la rissa, ma anche i luoghi di ritrovo della destra romana. Ma se da una parte ci sono ultras napoletani che inneggiano all’odio, dall’altra c’è chi è convinto che essere a Roma domenica sarebbe irrispettoso nei confronti delle condizioni in cui versa il ragazzo. La pensano così molti giovani di Scampia, il quartiere di cui è originario Ciro Esposito.
Il Fatto è riuscito a contattare Giovanni, un amico che abita in un palazzo accanto a quello di Ciro. Giovanni è scettico sulle versioni dell’incidente fornite finora. A quasi una settimana di distanza dall’accaduto ancora non c’è una ricostruzione precisa dei fatti, tanto che ieri sono stati effettuati dei sopralluoghi in viale Tor di Quinto. “Tutta Scampia - spiega Giovanni - è vicina alla famiglia di Ciro, stiamo facendo una colletta per permettergli di restare a Roma. Abbiamo chiesto un aiuto sia al presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis che al sindaco Luigi De Magistris. Ma ad oggi ancora non hanno risposto al nostro appello”. Che ci possano essere scontri domenica, Giovanni tende a escluderlo e nella sua versione che è quella di un ragazzo che “insieme ad altri venti e a Ciro frequentiamo tranquillamente gli stadi, sarebbe da stupidi andare a Roma e continuare una battaglia. Non deve essere fatto soprattutto per rispetto del nostro amico. Se noi andiamo a Roma, loro verranno a Napoli e così si continuerà ancora per anni”.
A differenza di Giovanni, c’è chi sul web si esprime in modo molto più violento. Su alcune pagine Facebook si leggono molte minacce tra tifoserie: “3 maggio 2014: non finisce qui”. E poi l’annuncio: “Partiranno spedizioni punitive per questi romani che fanno molto i leoni in campo e fuori ma alla fine la pistola sanno tirar fuori. Quindi una bella mattanza di morti sporchi romani sarà una nostra gioia”. I romanisti rispondono: “Napoletani pezzi de merda... Venite che ve tajamo la capoccia e la buttamo ner tevere”. Questi sono segnali di allarme per chi deve assicurare l’ordine pubblico. Perchè in questo clima ogni partita può trasformarsi in un’occasione per le tifoserie di farsi la guerra.
Sul caso è intervenuto anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ieri ha parlato di “crisi morale, di valori e di comportamenti”. “Chi si presenta con le spranghe – ha aggiunto – con le bombe-carta, chi attacca senza scrupolo anche sapendo di poter colpire molto gravemente, e chi incendia e devasta: su questo ci deve essere una intransigenza assoluta”. Il capo della Polizia Alessandro Pansa ha spiegato di aver “innalzato la capacità di intervento della polizia in occasione delle manifestazioni calcistiche. Negli ultimi 12 mesi abbiamo arrestato 128 supporter, anche se questa definizione andrebbe spesso sostituita con quella di delinquenti, contro i 41 dell’analogo periodo dell’anno precedente”. Beppe Grillo immediatamente ha risposto a Napolitano: “Non posso credere che Genny ‘a Carogna sia il responsabile di tutti i mali del mondo – ha detto il leader 5stelle – C’è più da stupirsi di Genny ‘a Carogna o di Napolitano che ha ricevuto un condannato?”
QUELLO CHE È AVVENUTO sabato scorso è diventato un caso che attraversa diversi livelli, quello politico, quello dell’ordine pubblico e quello giudiziario. Ci sono vari aspetti che la Procura di Roma sta cercando di chiarire. Uno di questi è quello che riguarda la trattativa con Genny ‘a Carogna, Gennaro de Tommaso. E in questo ambito il procuratore capo Giuseppe Pignatone ieri ha precisato: “Non esiste un reato di trattativa”. Le ipotesi che potrebbero configurarsi sono minacce, aggressione a pubblico ufficiale e violenza privata. Poi c’è la parte di inchiesta che riguarda i feriti napoletani e Daniele De Santi, indagato per tentato omicidio. E infine c’è un altro aspetto da chiarire. Quello dei disordini fuori dall’Olimpico durante i quali è stato ferito un agente della polizia.