CORSERA - Dopo quattro anni di rapporti difficili, ci sono le condizioni perché la Lega di serie A e quella di B tornino a lavorare insieme. In tre mesi di incontri preliminari sono state gettate le condizioni per aprire un «tavolo» tecnico e politico fra le due Leghe, dove il presidente della B, Andrea Abodi, che molto si è speso per arrivare a questo passaggio, ha chiesto di essere affiancato dal Consiglio di Lega. L’obiettivo è quello di affrontare tre problemi di difficile soluzione: 1. la struttura dei campionati; 2. le politiche sui giovani; 3. i rapporti economici fra le due Leghe, che poi sarebbe la famosa mutualità, cioè quanto la serie A versa alla B (il 7% di quanto incassato dalla cessione dei diritti tv, anche se è in atto il contenzioso con la Lega Pro). Il punto centrale resta quello legato alla questione dei format dei campionati. Venti club in A e ventidue in B sono troppi; si imporrebbe un ritorno alle origini (18 in A e 20 in B, come dal 1988-89 al 2003-2004).
Le resistenze da parte della Lega di A sono fortissime (anche per la questione legata ai contratti tv), come ha spiegato due giorni fa il d.g. del Parma, Leonardi: «Un campionato di A a 18 squadre per chi non fa le coppe è troppo breve; ci sono pochi turni di Coppa Italia e non ci sono nemmeno le seconde squadre. Da noi una riserva gioca 4-5 partite e questo non va bene». La Lega di A sembra disponibile a considerare una riduzione da 20 a 18 squadre soltanto nel caso in cui si arrivi a diminuire le retrocessioni: da tre a una in forma diretta, più eventualmente una seconda, ma dopo i playoff, soluzione però che non convince, anche se garantirebbe una maggiore stabilità economica per la A. La divisione fra le Leghe e il gran lavoro di Abodi (ultima iniziativa la «B Italia», «la nostra Lega è un’officina sempre aperta») hanno portato a una valorizzazione della B, che però chiederà alla A una maggiore attenzione ai giovani che vengono lanciati. Il caso più clamoroso resta quello di Verratti: esploso nel Pescara nell’anno dela promozione in A con Zeman (2011-2012), invece che in una big italiana è finito al Paris St. Germain. E da lì non sembra volersi muovere.