IL MESSAGGERO (U. TRANI) - La simpatia pungente di Peppino Prisco, indimenticabile dirigente dell’Inter e di un calcio che oggi non c’è più, accostata alla strategia dispettosa di Rudi Garcia, ieri mattina spostatosi a Chieti per ritirare il premio intitolato proprio all’avvocato nerazzurro. Il francese, protagonista in questa stagione di uscite divertenti e in alcuni casi anche feroci, sa di aver lasciato ancora il segno. Fa niente che, dopo il monday night di Reggio Emilia, la Juve sia di nuovo a più 8. Perché Antonio Conte, mai citato nè la settimana scorsa nè durante il viaggio in Abruzzo, si è sentito colpito. Dal tecnico della Roma. Che ha centrato il bersaglio,confessando giovedì scorso a Trigoria la sua disapprovazione per la cattiva abitudine scoperta frequentando il nostro campionato.
Messaggio non buttato lì a caso, avendo rilevato lo scarso impegno delle ultime avversarie della capolista. Formazioni che avrebbero dovuto cercare i punti per la salvezza. Mai, però, a Torino. Addirittura risparmiando i titolari, rinunciando a giocare e uscendo soddisfatti per la sconfitta di misura. Strano. Ma solo fino a un certo punto. In Italia va così. A differenza degli altri grandi tornei d’Europa, come abbiamo visto pure nell’ultimo weekend. A fine giornata prende atto dell’atteggiamento del Sassuolo di Di Francesco contro i bianconeri: da apprezzare, a prescindere dal risultato. Avessero fatto così anche Livorno, Bologna e in precedenza Chievo, Torino e Genoa.
NUOVI VELENI «Il mio collega mi sembra un pò nervoso». Garcia non cade in tentazione ed evita ancora di nominare Conte. Ma stavolta indica l’allenatore bianconero e, per replicare alla stoccata del rivale,inquadra l’aspetto psicologico della questione. Se la scorsa settimana Rudi, alla vigilia della partita con il Milan, è andato a toccare il tasto della morbidezza delle ultime squadre ospiti della Juve, ieri ha voluto testare il grado di tensione che si vive nello spogliatoio della capolista. Ricevendo, a parole, le risposte che cercava. Cioè l’attacco di Antonio, domenica mattina da Vinovo: «Garcia parla da provinciale, fa chiacchiere da bar e manca di rispetto al nostro calcio: società, tecnici, calciatori e tifosi». E ieri, da Reggio Emilia, prima il rimprovero dell’ad bianconero Giuseppe Marotta: «Garcia è stato un po’ inopportuno, o fuori luogo, con le sue parole. Non deve mettere in dubbio l’impegno delle nostre avversarie e i nostri risultati».
E a fine gara l'affondo di Conte che coinvolge anche i dirigenti giallorossi: «Io, con otto punti in più e con la possibilità di andare in finale di Europa League dopo aver vinto pure la Supercoppa, sono sereno. A preoccuparsi è chi sta dietro. Se la stagione della Roma è stratosferica, non so quale aggettivo trovare per la nostra. Ci siamo avvicinati tantissimo al terzo scudetto. Ma chi insegue deve stare attento a quello che dice. Perché così alimenta la cultura del sospetto, con la storia degli aiutini e delle squadre che non si impegnano. Loro parlano al passato, altro che passi avanti culturali. Io non ne vedo». Clima, dunque, elettrico in attesa dello scontro diretto all'Olimpico della prossima settimana. «Ci sono altri tre turni e sarebbe bello poter continuare a sognare. Ma non ho alcun rimpianto», sospira il francese. Che passa alla volata finale: la Roma sarà in campo domenica pomeriggio al Massimino contro il Catania. «Più avanti dirò la mia sul resto». Su quel «provinciale» che non gli è andato giù.
PROMESSE, SILENZI E GRAFFI L’Atalanta, lunedì sera, farà visita alla capolista. «Ci presenteremo con la miglior formazione possibile, non vorrei che qualcuno avesse dubbi... Garantisco a Garcia che, contro la Juve, farò giocare i titolari». Stefano Colantuono, allenatore della squadra nerazzurra, esce allo scoperto per allontanare i nuovi possibili sospetti. Sembra un altro punto a favore di Rudi. Che ormai, per la classifica, servirà a poco. «Non commento». Si chiama intanto fuori dalla contesa Maurizio Beretta, presidente della Lega. Quello della Figc,Giancarlo Abete, la prende invece larga: «Una dialettica di un certo tipo fa parte del mondo del calcio. Poi ognuno esprime le sue posizioni, idee e opinioni. Si avvicina il confronto diretto e c’è la preparazione di questa sfida, che sarà una bellissima partita». Più pungente Dejan Savicevic, presidente della Federcalcio del Montenegro: «La Juve è stata più forte di tutti negli ultimi anni, ma in questo campionato è stata spinta dagli arbitri: già nelle prime dieci giornate si era capito come sarebbe andata a finire. Avrebbe vinto ugualmente, ma ha ragione Garcia: gli aiutinici sono stati».