IL ROMANISTA (D. GALLI) - «Mi sento un leone». Prima di fermarsi per la prima volta in stagione, all’alba di febbraio, José Rodolfo Pires Ribeiro, alias Dodò, diceva questo. Non aveva mai saltato un allenamento. «Mi sento un leone», ripeteva, sorrideva, correva, calciava, crossava. Poi lo stop in allenamento e quella diagnosi: lesione di secondo grado al bicipite femorale, fuori un mese. Il rientro non è stato facile, perché per fortuna della Roma stava contemporaneamente emergendo tutto il talento di Romagnoli. Garcia aveva quindi deciso di lasciare in panchina il brasiliano per dare spazio ad Alessio, per non modificare una formazione che gli sembrava equilibrata, corretta, vincente.
Poi l’Atalanta, la maglia da titolare, un nuovo inizio e una conferma: la Roma vince sempre, vince comunque, vince anche con Dodò. L’esame sul campo viene superato a pieni voti, c’è il timbro del terzino sulla rete in controbalzo di Taddei, c’è una rovesciata sulla linea di fondocampo per una palla che pareva persa. Pareva, pareva e basta. Pareva a tutti, tranne che a Dodò. Sabato si è rivisto l’ex volto bambino che là sulla sinistra scivola come una serpe, che sempre più spesso va a caccia del primo gol in giallorosso. Ex perché Dodò è maturato, s’è fatto uomo, lo rivelano le sembianze, i lineamenti sono diventati più severi, meno dolci. Il cagnolino adesso morde e la domanda in molti se la pongono: e se fosse lui il terzino della Roma Campione, il tassello mancante per una squadra che la prossima stagione partirà in prima fila per la conquista del tricolore? Per il suo agente Roberto Calenda non ci sono dubbi (chiaramente). Certo che sì.
«Ho letto alcuni giudizi da parte sempre delle stesse persone, persone che parlano senza avere un minimo di competenza in merito, senza conoscere nulla del calciatore», spiega in un’intervista a "Vocegiallorossa.it". «Dodò - aggiunge Calenda - sabato ha fatto vedere un assaggio di quello che può fare in fase offensiva. Da quando è arrivato a Roma, si è messo a disposizione ed è migliorato molto anche nella fase di copertura, che in Europa è curata molto più nei dettagli rispetto al Sudamerica. Ha fatto ciò che gli ha chiesto l’allenatore. Ha un talento incredibile, fisicamente è veloce, forte e ha un gran sinistro in grado di sfornare cross precisi e di pregevole fattura». Secondo l’agente, Dodò «più che infastidito è rimasto sorpreso da alcuni giudizi», giudizi che, continua Calenda, «non rispondono alla realtà del campo e sono senza alcun controllo».
Ricorda il procuratore: «Dodò ha giocato 15 gare in campionato, agendo efficacemente e attenendosi a ciò che gli ha chiesto l’allenatore. A livello difensivo sta andando bene e la gente conosce ancora poco le sue qualità in avanti. Sta crescendo ogni giorno di più e tanto è migliorato da quando è arrivato a Roma, reduce dal bruttissimo infortunio subìto in Brasile. Il ragazzo è consapevole delle sue qualità e sa quello che può dare. Risponde alle chiamate del mister facendosi trovare pronto ed è normale che, come ogni calciatore, non sia felice quando non gioca. Ma la professionalità, l’impegno e la dedizione al lavoro fanno in modo che si faccia sempre trovare pronto». È quello che sostengono anche a Trigoria, dove sottolineano come prima dell’infortunio Dodò avesse un rendimento importante e costante, degno di un top team. «Può arrivare molto lontano», avverte il suo agente, «finora abbiamo visto appena il 60% del suo potenziale. Vedrete ». Vedrete? Non ce n’è bisogno, i romanisti ne sono sicuri.