IL TEMPO (A. AUSTINI) - I cinesi sono sempre lì, gli americani sondano il mercato a caccia di un’alternativa, la banca ha bisogno di vendere. Le manovre sul futuro assetto della Roma sono entrate nella fase cruciale. E l’ingresso del gruppo Hna nella quota di minoranza, che sembrava imminente, è tuttora in discussione.
«Chen Feng? Non abbiamo fretta e non ci sono novità» ha spiegato la settimana scorsa Paolo Fiorentino, vice direttore generale di Unicredit, a conferma del «congelamento» di un affare che la banca avrebbe già chiuso. Ma non può farlo prima che Pallotta e i cinesi trovino un accordo sulla governance del club.
Accogliere dentro casa un socio così forte è un potenziale rischio. E il presidente non ha alcuna intenzione di perdere il controllo. Così nel frattempo ha dato mandato al suo advisor Morgan Stanley di proseguire la ricerca di altri partner in giro per il mondo avviata oltre un anno fa. L’ultima manifestazione d’interesse è giunta sul tavolo della Raptor la settimana scorsa, proveniente da un fondo americano con base a New York. Ma a quanto pare non risponde ai requisiti fissati da Pallotta & Co.. Il consorzio made in Usa, che guida la Roma al 69%, preferirebbe un socio asiatico. Magari uno sceicco arabo disposto a investire senza pretendere il comando delle operazioni. Un compagno di viaggio «silente», insomma, come è stato finora l’istituto di credito.
Pallotta potrebbe teoricamente sfruttare il diritto di prelazione sulla quota di minoranza e poi accogliere il nuovo socio direttamente nel consorzio fondato nel Delaware: l’As Roma SPV LLC. Unicredit, invece, sta trattando con l’intermediazione di Rothschild la cessione diretta ai cinesi di una buona parte (il 20-25% sul 31%) della sua quota. Non c’entra il prossimo aumento di capitale da 100 milioni che sarà deliberato il 1° aprile dall’assemblea per poi finire sul mercato tra maggio e giugno. È solo un passaggio tecnico: quei soldi sono già entrati nelle casse della Roma, 80 attraverso i versamenti in conto futuro aumento di capitale divisi tra americani e banca, gli altri 20 in forma di finanziamento «esclusivo» dei proprietari statunitensi visto che Unicredit si è sfilata dagli obblighi di ricapitalizzazione.
Le contrattazioni con il gruppo Hna vanno avanti da più di un anno ma la fuga di notizie ha suscitato le ire di Pallotta e dello stesso Chen Feng. Unicredit, però, ha imposto una deadline: entro l’inizio della prossima stagione vorrebbe uscire dalla Roma, per evitare un potenziale conflitto d’interessi. Fino al 2015 è infatti sponsor e banca ufficiale della Champions League, la competizione che dovrebbe ospitare di nuovo i giallorossi. Possedere una quota di una squadra partecipante e mettere al contempo il proprio marchio accanto a quello dell’Uefa è considerato quantomeno inopportuno, anche se non mancano i precedenti «tollerati», vedi il collegamento tra Gazprom e Zenit San Pietroburgo.
L’unica certezza al momento è l’impegno di Pallotta, atteso a fine mese per presentare il progetto dello stadio: possibile un evento in «pompa magna» nelle stanze del mostra in corso a Testaccio. Le novità non finiscono qui: a breve si insedierà il nuovo direttore commerciale, mentre Massimo Di Donato della Nike è stato messo a capo della «business unit»: la neo-nata società AsRoma Merchandising, partecipata a metà tra il prossimo sponsor tecnico e il club giallorosso, gestirà i punti vendita e non solo. Il «baffo» comparirà su tutti i prodotti ufficiali e Pallotta già conta i soldi che può catturare la rete mondiale di Nike.