IL ROMANISTA (C. FOTIA) - Il progetto del nuovo stadio della Roma è esaltante e costituisce una sfida coraggiosa alle lentezze e alle vecchie abitudini della politica romana e nazionale. Sarà uno stadio avveniristico che però si lega concettualmente al simbolo eterno di Roma, il Colosseo, uno dei monumenti più importanti del mondo. Tradizione e modernità, storia e tecnologia: la "fusion" dell’architetto Dan Meis non è solo un progetto tecnico: «Progettare la nuova casa dell’As Roma, una società con 87 anni di storia e con i tifosi più appassionati nel calcio, rende questo progetto il più significativo della mia carriera: è questo il mio progetto di una vita».
L’innesto di una costruzione ipertecnologica sull’armatura di una città e di una squadra dense di memoria del passato si sposa perfettamente con l’idea della Roma che ha la proprietà americana e con l’idea di Roma che ha il sindaco della città. James Pallotta e Ignazio Marino, ognuno per la sua parte hanno preso impegni precisi. Il primo, garantendo la solidità degli interventi finanziari necessari, tutti e soltanto privati (300 milioni di euro solo per lo stadio, che arrivano fino a 1 miliardo comprendendo anche le infrastrutture); il secondo assicurando la collaborazione dell’amministrazione capitolina che però si riserva, com’è giusto che sia, il controllo della compatibilità del nuovo stadio con le leggi vigenti, senza che ciò però si trasformi in quella palude burocratica che affonda anche le migliori intenzioni.
Pallotta e Marino hanno dato anche un obiettivo ambizioso: che la Roma possa giocare nel nuovo stadio a partire dalla stagione 2016/2017. In qualsiasi paese del mondo industrializzato due anni sono considerati un tempo congruo per realizzare un progetto. Nell’Italia e nella Roma dei mandarini, dei signori del No, dei poteri che boicottano qualsiasi cosa non sia realizzata dalle solite cordate, quest’intento appare come una rivoluzione. La sfida è questa, difficilissima e affascinante. Non si abbandona uno stadio che, con tutti i suoi limiti, rappresenta nel cuore del popolo giallorosso una storia di emozioni, un groviglio di sentimenti, un caleidoscopio di immagini indimenticabili, per proporre qualcosa di "normale". Uno stadio non è solo un progetto architettonico, per altro bellissimo, non è fatto solo di materia tangibile: è il contenitore di un sentimento collettivo che attraversa le classi sociali, le differenze di genere e di generazioni.
Il passato remoto, Giacomino Losi, il passato recente, Paulo Roberto Falcao e Bruno Conti, il presente e il futuro, Rudi Garcia, Francesco Totti e Daniele De Rossi, erano tutti lì con gli occhi lucidi a rimirare un sogno che diventa realtà. Il nuovo stadio sarà costruito in maniera tale che la squadra in campo e i tifosi siano un cuore che batte all’unisono. Metterà i brividi ai giocatori, accenderà la passione del popolo, a cominciare dalla Curva Sud che avrà uno suo settore pensato in modo speciale ed esclusivo. Incuterà timore ai suoi avversari, sovrastati dal muro umano della passione giallorossa. La Roma, come spiega bene l’architetto Meis, non pensa allo stadio come a qualcosa di puramente tecnico, a un progetto freddo e calato dall’alto: comunque si chiamerà, sarà la nuova casa della squadra, della società e dei tifosi. Nei tour turistici ci sarà anche lo stadio più tecnologico del mondo, costruito per contenere la passione dei "tifosi più tifosi del mondo", nella città più famosa del mondo.
A prescindere dal valore sportivo, c’è il fatto di un grande investimento a Roma da parte di imprenditori americani, come ha sottolineato Luca Parnasi, amministratore delegato di Parsitalia, la società di costruzioni che realizzerà l’impianto. Un segnale che, quando la buona politica, la buona amministrazione, la buona imprenditoria, e il meglio dello sport lavorano insieme per gli interessi generali, Roma e l’Italia possono ricominciare a muoversi e attrarre investimenti stranieri. Investimenti che significano lavoro e reddito in una fase così difficile. Siamo esaltati, pazzi, acritici? Beh, un po’ esaltati, sì, lo ammettiamo, perché il progetto è bellissimo e affascinante. Ciò naturalmente non ci impedirà, come spetta alla libera informazione, di controllare che tutto si svolga nel rispetto delle regole, senza le speculazioni cui ci ha abituato la vecchia politica, che i tempi siano rispettati, senza affogare nella palude della burocrazia italiana.
Il miglior viatico al nuovo stadio della Roma, presentato ieri in Campidoglio, però non è il nostro: è...una bocciatura. Quella di Massimiliano Fuksas, l’archistar che ha progettato la Nuvola, il nuovo centro congressi dell’Eur, iniziato nel 2007 e non ancora terminato. Fuksas, sempre più immedesimato nella caricatura che ne fa il geniale Maurizio Crozza, ha detto che il progetto del nuovo stadio non gli piace e che lui avrebbe scelto un altro sito rispetto a quello individuato. Ora, dal momento che, come hanno denunciato i consiglieri del Movimento Cinque Stelle in Campidoglio, «dopo aver incassato 20 milioni di euro, equivalenti a 900 anni di stipendio di un impiegato comunale», Fuksas è stato licenziato per le sue inadempienze, il fatto che il progetto del nuovo stadio non gli piaccia è una garanzia di sicuro successo. Per quanto ci riguarda, nel giorno in cui viene presentato un progetto atteso da decenni, non ci uniamo al coro dei gufi e dei detrattori, non ci iscriviamo al club dei Gattopardi che hanno bloccato Roma e l’Italia. Noi tifiamo per il successo della Roma, di Roma e dell’Italia. Perché non crederci?