CORSERA (B. TUCCI) - Un derby così brutto non poteva finire diversamente. Eppure un vincitore in campo c’è stato: la paura di una sconfitta che potesse far precipitare la situazione. Da una parte e dall’altra. Per la Roma voleva dire addio alle poche speranze di raggiungere la Juventus. Per la Lazio riaprire le polemiche e rimettere Lotito nell’occhio del ciclone. Partita condizionata, dunque, e deludente da ogni punto di vista. Se proprio vogliamo spaccare il capello, potremmo scrivere che è stato Reja (ai punti) a passare al botteghino. Da quando si è seduto sulla panchina di Formello, la sua squadra non ha mai perso. Unica eccezione il match con il Napoli, ma in Coppa Italia, non in campionato. Tatticamente, il derby lo ha vinto lui. Ha imbrigliato la manovra giallorossa, si è difeso con ordine e quasi mai ha dato l’opportunità a Totti e compagni di essere pericolosi. Poteva fare di più la Lazio? Tutto è possibile nel calcio, però se vogliamo essere realisti il pareggio è andato di lusso ai giovanotti di Reja. Primo, perché la Roma partiva nettamente favorita; secondo, perché individualmente i giallorossi sono superiori. Dove ha sbagliato, allora, il «francese di Testaccio». Non ha osato, temendo che la partita potesse prendere un verso pericoloso. Responsabilità sua, quindi, se il derby è finito in pareggio? No, non voglio essere così drastico, perché, poi, a metà del secondo tempo, Garcia ha cercato di correre ai ripari. Troppo tardi, però. La fortuna ha voluto che anche la Juventus non sia andata al di là del pari. Il gap non è aumentato, ma la Roma, se vuole sperare ancora, non deve e non può compiere ulteriori passi falsi.