IL ROMANISTA (D. GALLI) - È difficile oggi non gridare allo scandalo, è difficile oggi non sommare le ingiustizie, i rigori negati agli altri contro la Juve e quelli negati alla Roma, è difficile oggi non comprendere lo stato d’animo dei romanisti, che ieri hanno assistito all’ennesima beffa: mentre la Roma si batte e ottiene che una norma sbagliata venga cambiata, i suoi tifosi non potranno andare sabato sera allo stadio, mentre la Juventus non viene punita come si deve per degli striscioni che al derby hanno esaltato la tragedia granata, l’aereo contro la collina di Superga, un dramma dello sport italiano, mica solo del Grande Torino. Il giudice sportivo della Serie A, Gianpaolo Tosel, ha inflitto 25 mila euro di multa alla Juventus «per avere suoi sostenitori, al 10° del primo tempo ed al 12° del secondo tempo, esposto due striscioni insultanti la memoria della tragedia di Superga». Si tratta di "Quando volo, penso al Toro" e del riproposto (era stato esposto anche al derby della passata stagione) "Noi di Torino orgoglio e vanto, voi solo uno schianto".
La multa sarebbe potuta essere ancora più pesante se Tosel non avesse aggiunto che «la società ha concretamente operato con le forze dell’ordine a fini preventivi e di vigilanza». È un escamotage, ovviamente. Se la Juve avesse davvero «concretamente operato» per prevenire e vigilare, considerato che era il club ospitante, teoricamente (molto teoricamente) quegli striscioni non sarebbero apparsi.
C’è però una ragione. Tosel segue una linea, adotta sempre la stessa formuletta della cooperazione della società, lo fa per evitare che le conseguenze della responsabilità oggettiva pesino sulle casse dei club. Applica questo metro di giudizio con chiunque. È capitato anche con la Roma. E non un anno o un mese fa. Ma ieri. Ha multato la Roma di 50 mila euro (più diffida) «per avere un consistente gruppo di suoi sostenitori, prima dell’inizio della gara (Bologna-Roma, ndr), verso le ore 20, tentato di abbattere, dall’interno e dall’esterno, un cancello attiguo ai tornelli d’ingresso allo stadio, scagliando tavolini e cassonetti contro le Forze dell’Ordine intervenute; per avere inoltre suoi sostenitori, nel corso della gara, lanciato quattro bengala nel settore occupato dai sostenitori della squadra avversaria e numerosi petardi e bengala sul terreno e nel recinto di giuoco».
Poi c’è la consueta aggiunta: «entità della sanzione attenuata ex art. 14 comma 5 in relazione all’art. 13 comma 1 lett. a) e b) CGS, per avere la società (la Roma, ndr) concretamente operato con le forze dell’ordine a fini preventivi e di vigilanza». Ok, ma perché Tosel non squalifica i settori juventini responsabili dell’esposizione di quegli striscioni? Facile, perché il Codice non lo prevede. E qui torniamo al vero problema, alla questione di fondo, alla necessità di riformare la giustizia sportiva. Il Codice punisce severamente - si va dalla chiusura del singolo settore fino all’esclusione dal campionato - le forme di discriminazione. Mentre degli affronti alla Storia se ne lava le mani. Il presidente federale Abete no, almeno a parole: «Intollerabili gli striscioni su Superga». Ora però passi ai fatti.