IL ROMANISTA (T. CAGNUCCI) - Prima mi dite e ridite che il colpo di testa di Christodoulopoulos è finito fuori, poi forse un cristiano (che se era laico c’è diventato in quel momento) se po’ mette a scrive. Sono cose da cuori forti queste, immersioni e riemersioni, esperienze extra-corporee pressoché quotidiane per i romanisti. Anche per un Bologna-Roma di fine febbraio, un anticipo di sabato di campionato, con quelli che una settimana fa ti dicevano "stai a -12 è finito tutto".
Ma la Roma è bella perché non è mai banale, non si sa come ma riesce a portarti a un’emozione pure quando pensi che ormai da quel punto di vista - anche per evidenti meriti sul campo - sei prossimo alla pensione. Esodati dell’anima. Popolo fantastico che continua a viaggiare appena può e a riempire di carne, sentimento e senso il settore. È lì sotto che è finita pure ieri (pure la palla di Christodoulopoulos? È fuori?) con Gervinho che si spoglia per primo perché lui è attratto dalla libertà e in quello spicchio di stadio là quella si respira, quella ci sta. Nudissimo alla meta. Poi arriva De Rossi che ancora si sta chiedendo una cosa (ma è finito fuori quel pallone?) che fa tre cose: prima porta la squadra là sotto, poi si va ad abbracciare forte forte, con rispetto e sincero senso di squadra e di spogliatoio Taddei, e infine va a prendersi sottobraccio Romagnoli, il ragazzino, sorridendo e uscendo dal campo con lui. Nel nome del padre, del figlio e dello spirito santissimo del pallone di Christodoulopoulos che aleggiava proprio da quelle parti.
La Messa poi l’ha definitivamente officiata in musulmano Benatia a Radja Nainggooooolan, poi, dopo un paio di frasi di circostanza davanti alla tivvù, probabilmente nello spogliatoio. Ma è lì, settore a parte, che è successa la cosa più bella di questo brutto ma bellissimo Bologna- Roma: l’incazzatura sfacciata di Capitan De Rossi, la rabbia di Capitan Benatia, la stizza di De Sanctis perché non si può soffrire così, non si possono commettere certe leggerezze, non si può rischiare di deludere quella gente. E questo vale di più in una squadra che ha vinto tipo mille partite quest’anno, che per 16 volte non ha preso una rete, che ieri giocava senza 4 titolari su 4 nel ruolo di esterni (Balzaretti, Dodò, Maicon e Torosidis) e senza il suo lusso necessario, il suo capolavoro manierista fondamentale, il surplus e la differenza del suo gioco (l’unico surplus che potrebbe dare una giustificazione etica persino al capitalismo): Francesco Totti. Ha vinto e s’è incazzata. Ha vinto e ha bestemmiato, ha vinto e ha pregato il pallone di Christodoulopoulos. Ha vinto e ha le stesse partite della Juventus stamattina. Non date retta a tutti quelli che dicono che «ma la Juve deve giocare ancora con il Torino».