LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Lo aveva sentito tutto lo stadio, non potevano far finta di nulla i tre delegati della Procura federale all’Olimpico. Il solito coro, quello sul Vesuvio che i tifosi del Napoli si sentono strillare contro in (quasi) ogni stadio d'Italia, costa alla Roma la chiusura delle due curve, Sud e Nord, per le prossime due gare interne di campionato. Senza tifosi contro Sampdoria e Inter: il verdetto del giudice sportivo Tosel appariva scontato fin dalla serata di mercoledì, a chi aveva un posto all’Olimpico per la semifinale di andata di Coppa Italia tra giallorossi e azzurri, aggiungendo alla sanzione per l’ultimo episodio di discriminazione territoriale anche la revoca della sospensiva per i cori analoghi di ottobre. Il giudice sportivo, nonostante sospensive e ricorsi accolti dagli organi federali, punisce secondo il metro fissato in estate. Ma la Roma, che non è certo contenta di giocare due gare forse decisive per il titolo senza tifosi , ha già inoltrato preavviso di reclamo e oggi si prepara a depositare il ricorso.
Non per contestare la sostanza della decisione, ma la forma della sua applicazione. In fondo, riflettono a Trigoria, perché scontare in campionato una sanzione ricevuta per episodi relativi a una partita di coppa? “Se una squadra rinunciasse alla disputa di un match di coppa Italia verrebbe penalizzata in campionato?”, l’esempio che i legali del club potrebbero sottoporre alla Corte federale per giustificare la propria istanza. Sapendo che il regolamento non fornisce chiarimenti certi in merito. Eccezioni simili, in fondo, hanno trasformato la tolleranza zero sventolata in estate, nei dispositivi a corrente alternata di oggi. L’inasprimento delle sanzioni annunciato ad agosto per equiparare le discriminazioni territoriali al razzismo, e applicato con l’inizio della stagione, si era dovuto scontrare in fretta con le opposizioni dei grandi club, ostaggio degli ultrà, pronti a chiudere stadi interi pur di continuare a combattere le proprie battaglie. Lo aveva evidenziato Galliani, anche a costo di scivolare su pensieri come «a norma sulla discriminazione territoriale va abolita».
Così la prima retromarcia: a ottobre il pugno duro estivo aveva già lasciato il posto al compromesso della "condizionale": pena sospesa per 12 mesi al primo rilevamento e chiusura dei singoli settori, ma non degli stadi interi (“Se non in casi gravi”), assecondando il suggerimento decisamente ingombrante del presidente Uefa Michel Platini. Il modo più semplice per le istituzioni sportive di salvare la faccia - o almeno inscenare un tentativo in questo senso - senza pestare i piedi alle società, soprattutto le big four, che avrebbero dovuto affrontare non solo la penalizzazione sportiva di giocare senza pubblico e senza tifo, ma anche il danno economico dei mancati incassi. Quando la sospensiva non è bastata, poi, è subentrato altro: per Roma e Inter la Corte di giustizia federale ha aperto il fronte del supplemento di indagini , un solco in cui ha trovato terreno fertile anche il Milan. Arrivando a ottenere persino l'annullamento delle sanzioni inflitte: i cori che avevano sentito gli uomini della Procura federale sono spariti in appello. Ora la Roma è pronta a sollevare un nuovo elemento di discussione: l’applicabilità della sanzione ricevuta in coppa anche in campionato. Il regolamento è nebuloso e consente appigli. A chiunque voglia trovarne.