CORSERA (L. VALDISERRI) - Raccontano che Gervais Yao Kouassi, in arte Gervinho, ieri si aggirasse per Trigoria con in mano una copia del Romanista, che si autodefinisce con una certa ragione il quotidiano dei tifosi più tifosi del mondo (che infatti lo tengono in edicola da 11 anni). Voleva che gli spiegassero il titolo di prima pagina, sopra la sua foto dopo il gol del 3-2 al Napoli nella semifinale di andata di Coppa Italia: Bello de casa! Non c’è dubbio che Gervinho, nel rapporto qualità/prezzo, sia stato l’affare dell’anno per il calciomercato di serie A. Pagato 8 milioni di euro, adesso ne vale sicuramente il doppio e forse il triplo.
Da attaccante esterno ha segnato 5 gol in serie A, servendo 4 assist e procurandosi 3 rigori che però tirano gli altri, perché non è la sua specialità. In Coppa Italia ha eliminato la Juventus con un colpo di kung fu (al pallone) e mercoledì sera ha firmato la doppietta che lascia un piccolo vantaggio alla Roma, in vista della gara di ritorno, al San Paolo, mercoledì prossimo. Oltre che un calciatore decisivo in campo, Gervinho è stato un grande acquisto anche fuori. In un momento particolarmente negativo per l’immagine del calcio italiano — la squalifica delle curve dell’Olimpico giallorosso, per i cori di discriminazione territoriale contro i napoletani, è solo l’ultimo episodio — l’ivoriano è una ventata di aria fresca. È portatore di un calcio antico, che non esiste più. Non si perde d’animo se sbaglia un dribbling, ci riprova immediatamente. Non sbaglia mai quando si affida all’istinto, semmai quando prova a pensare troppo e blocca da solo la sua velocità. In mezzo a tanti polli di allevamento, cresciuti nelle scuole calcio, è la rivincita assoluta dello street football.
È diventato in poco tempo un idolo del web, vendicandosi con i fatti del velenoso collage di gol sbagliati che gli avevano dedicato i tifosi dell’Arsenal. A Roma sono diventate un cult le sue «riproposizioni » con fotomontaggi: è diventato Bruce Lee nel gol alla Juve in Coppa Italia; ha prestato la sua buffa capigliatura (a Roma c’è chi lo chiama Er Tendina) a una faccia di Antonio Conte; la «voce» del tifo romanista, Carlo Zampa, lo ha soprannominato «la Freccia Nera», come lo storico sceneggiato Rai con Loretta Goggi; gli hanno dedicato canzoni che spopolano su You Tube («Gervinho Gervinho, figlio dell’amore», di Fabrizio Giannini). Ogni tanto qualcuno cade ancora in un vecchio e tragico errore: lo scambia per «carioca », a causa del soprannome. Un giornalista, di cui tacciamo il nome per solidarietà, ha domandato a Paulo Roberto Falçao cosa pensasse del nuovo brasiliano che, tanti anni dopo di lui, il Divino, sta di nuovo facendo impazzire Roma. Dopo la partita contro il Napoli, ai microfoni della Rai, Gervinho è stato allo scherzo: «Con la palla tra i piedi penso di essere più veloce di Bolt, senza palla è più veloce lui. Il nostro coraggio sul 2-2, alla fine della partita, ci fa ben sperare per il match di ritorno. Rudi Garcia? Ama far giocare bene le sue squadre. Gli piace il gioco offensivo e di sicuro ho scelto la Roma anche per lui». È stato l’allenatore di Nemours, che con Gervinho al Lilla ha vinto scudetto e Coppa di Francia 2011, a volerlo a tutti i costi alla Roma. Il rapporto di fiducia è totale. E del «bello de casa» Garcia ha anche dato la definizione più azzeccata: «Certi gol li può segnare soltanto lui. Alcuni se li mangia, ma guardate come se li costruisce da solo».