GASPORT (C. ZUCCHELLI) - «Vorrei essere allenato tutta la carriera da Garcia». Impossibile non comprendere perché, vedendo gol, assist, prestazioni e minuti giocati di colui che è l’unico insostituibile dell’attacco della Roma. Non conosce il significato della parola turnover Gervinho: in campionato è inamovibile, in Coppa Italia anche, a maggior ragione dopo il gol che ha regalato alla Roma la semifinale contro il Napoli.
Intoccabile Ha giocato più di tutti i compagni di reparto: 19 le presenze (come Ljajic, 4 in meno di Florenzi), 1.439 i minuti. Come lui nessun altro attaccante. Come lui, con Garcia, nessuno. A Roma come a Lille, Gervinho è l’imprevedibilità, il giocatore per cui non esistono schemi e, evidentemente, non esiste riposo. E lui è felice di fare gli straordinari: «Per me Garcia è come un padre, mi dà fiducia — ha detto all’Equipe —. E quando un giocatore sente queste cose tutto è più facile».
Bye bye Londra Diceva Wenger che proprio la mancanza di fiducia era stata la causa del fallimento di Gervinho a Londra. La punta ivoriana non solo lo ammette, ma ha specifica che la vita a Roma è tutt’altra cosa perché «ci sono tifosi con un entusiasmo impressionante. Quando ho la palla non sento la pressione addosso e quindi provo la giocata. Mai fine a se stessa, ma sempre efficace». Tante volte sbaglia, ma i tifosi lo applaudono comunque. E lui, che si sottopone quotidianamente a sedute di tiri in porta per migliorare la mira, inizia ad essere più concreto.
Coppe e niente oriente Concretezza è la parola chiave nello spogliatoio: tutti vogliono tornare in Champions, ma tutti vogliono anche un trofeo da alzare. Per lo scudetto ci proveranno, intanto la Coppa Italia è diventata un obiettivo primario. «Conosco gli obiettivi, dobbiamo tornare in Europa. Ma io sono venuto a Roma per vincere dei titoli». E anche per rilanciarsi in chiave nazionale, considerando il legame strettissimo con la Costa d’Avorio. Ma a questo Gervinho ci penserà da maggio. Per la sfida a Torosidis, nel suo stesso girone con la Grecia, c’è tempo. Così come per il Giappone, l’altra nazionale (con la Colombia) del gruppo C: dall’Oriente lo avevano cercato, attraverso intermediari, un paio di squadre in estate. Offerte declinate, aveva già dato la parola al suo maestro Garcia.