IL ROMANISTA (D. GALLI) - Il penultimo atto si consumerà oggi, al solito posto. Anche il finale, anzi il "semifinale" (il finale veroc’èmartedìall’AltaCortedelConi) dovrebbe essere il solito: reclamo respinto, Distinti Sud chiusi per l’Inter. Soliti passi, soliti attori: la Roma da una parte, la Corte Federale dall’altra, in mezzo l’ormai celeberrima (o famigerata, dipende dai punti di vista) norma sulla discriminazione territoriale. E metaforicamente sotto, impotenti ai piedi dell’edificio che ospita a via Campania la Corte, loro. I tifosi. I romanisti. Noi. Si gioca oggi alle 14 l’ennesima partita lontano dall’Olimpico, fuori dagli schemi di Garcia e dentro quelli degli avvocati che ancora una volta si batteranno per difendere dei principi prima ancora che una società di calcio.
La Roma sarà rappresentata dall’Antonio Conte romanista e da quel Mauro Baldissoni, il dg, che di arrendersi non ci pensa proprio. Se un bookmaker dovesse quotare l’esito, forse nemmeno varrebbe la pena scommettere. La conferma della sentenza di primo grado verrebbe data a 1,01. Nulla, praticamente zero. Il giudice sportivo Gianpaolo Tosel ha "squalificato" iDistintiSudperunturno. Silegge sul comunicato: i romanisti «in tre occasioni (prima dell’ingresso delle squadre nel recinto di giuoco, al fischio d’inizio ed al 43° del primo tempo, in occasione della realizzazione di una rete) intonavano il coro “oh Vesuvio, oh Vesuvio lavali con il fuoco». Secondo il giudice «tale comportamento integra inequivocabilmente gli estremi di una manifestazione denigratoria per motivi di origine territoriale».
La Roma sosterrà oggi il contrario, che non si trattava affatto di una «manifestazione denigratoria per motivi di origine territoriale» ma di una mera forma di protesta messa in atto dai Distinti Sud e condivisa non solo dalle tribune, ma persino dal Distinti Famiglie. Non si dileggiava Napoli o i napoletani, ma la norma. Non avrebbe avuto senso offendere Napoli giocando contro la Samp. No? È un aspetto, questo, che a fine partita era stato espressamente fatto notare ai viceprocuratori federali. È quasi impossibile però che la Corte accolga le eccezioni della Roma, perché accoglierle metterebbe in crisi la ratiodella norma sulla discriminazione tre giorni e con lei la posizione del presidente della Figc. Abete è stato chiaro, indietro non si torna. Ha parlato di una libertà di insulto che, a suo dire, sarebbe prerogativa delle grandi piazze. Quella di oggi è dunque più che altro una tappa obbligata, un passaggio necessario.
La conferma della chiusura dei Distinti porterà la Roma a riproporre il reclamo in ultimo grado. L’ultimo appello, l’ultima chiamata per terminare in maniera più serena questa stagione è martedì davanti all’Alta Corte di Giustizia del Coni, presieduta dall’ex ministro degli Esteri Franco Frattini. È l’udienza madre. La Roma ricorderà anche in quella occasione cosa ha fatto lei per riportare le famiglie allo stadio e debellare le forme odiose di discriminazione, come l’antisemitismo e il razzismo tout court. Per decenza, nessuno della Roma chiederà invece cosa ha fatto il Palazzo.