IL TEMPO (E. MENGHI) - Sincero fino al midollo. De Rossi sa essere trasparente, quasi vulnerabile. Parte dai sentimenti di quando era bambino e arriva a Garcia. Quel nome che quando gli è giunto all’orecchio non conosceva e l’aveva lasciato di stucco: «Quando ho saputo che avevano preso lui ho avuto qualche dubbio. Sembrava che lo avessero scelto perché non erano riusciti a prendere Mazzarri o Allegri. Ho cercato il suo nome su internet e la prima cosa che è uscita è un video in cui c’è lui che suona il Porompompero con la chitarra. Ho imprecato e pensato: "Ma chi è questo?". Ero in nazionale quel giorno, in camera con Pirlo, l’ho chiamato e gli ho detto: "Cazzo, guarda chi abbiamo preso". Oggi sinceramente ringrazio tutti i giorni Dio che abbiamo preso "pompompero": può essere un punto di svolta nella storia della Roma, lui ci può far vincere».
Quando lo «sconosciuto» si è palesato a Trigoria, gli ha dato un tempo per restare, o per partire. De Rossi è rimasto anche grazie a Garcia. La passione per la Roma non gli è mai passata, ma aveva bisogno di stimoli nuovi: «Quando ero ragazzino - rivela a So Foot - non ero tifoso dell’Italia. C’era Roma, Roma e Roma. Quando Totti ha cominciato c’erano molti romani nella squadra: Scarchilli, Beretta, Di Biagio, Petruzzi, ma lui è rimasto. È diventato un simbolo. Avevo 16-17 anni quando mi ritrovai seduto al suo fianco nello spogliatoio, in un rapporto metà idolo metà compagno di squadra. Mi sono sentito dire "De Rossi passami la bottiglia", è stato uno choc. Poi: "De Rossi passami una mela", mi sono girato e ho visto Batistuta. È stato lui che mi ha fatto l’effetto più grande. Quando è arrivato c’era una luce, una luce meravigliosa».
La luce dei campioni, che più di un ragazzino vede anche in Daniele: «A volte leggo di giovani centrocampisti che a 18 anni debuttano in A e alla domanda "chi è il tuo idolo?" rispondono De Rossi. Non ho bisogno che sia Iniesta a dirlo». Gli basta che lo dica un ragazzino che ama la Roma come lui.