LA REPUBBLICA (G. SCARPA) - Condannati in Cassazione per omessa alienazione di partecipazioni societarie. Prescritti i reati di aggiotaggio manipolativo e informativo. Questa la sentenza dei giudici di piazza Cavour contro Claudio Lotito, presidente della Lazio, e Roberto Mezzaroma, zio della moglie di Lotito, in relazione alla affaire delle azioni della Lazio, andata in scena tra il 2005 e il 2006.
Motivazioni della sentenza depositate nei giorni scorsi che gettano una luce obliqua sulla vicenda: «Correttamente la Corte d'Appello di Milano ha affermato la responsabilità di Lotito». Di fatto — proseguono i magistrati — «essendo la finalità della disciplina in materia quella di evitare la concentrazione occulta di capitale sociale nella mani di un singolo (...) appare evidente che Lotito ha concentrato nelle sue mani una partecipazione superiore al 30% del capitale sociale della Lazio. Per cui su di lui incombeba l'obbligo d i al ienazio ne del la partecipazioni in eccedenza». In pratica Lotito detenendo oltre il 30% delle azioni della Lazio entro un anno aveva davanti a sé due strade: vendere o lanciare un'Opa, cosa che non venne fatta.
«La Consob applicò su questa vicenda una sanzione amministrativa di mezzo milione di euro. Sanzione che venne poi annullata — tiene a precisare il legale di Lotito, Gian Michele Gentile — dalla corte d'Appello di Roma». Lo stesso presidente della Lazio afferma invece che con la «sentenza di prescrizione non viene accertata la commissione dei reati che mi vengono contestati (aggiotaggio manipolativo e informativo). Tra le altre cose — prosegue Lotito—la Consob non si è costituita parte civile nel processo perché ha ritenuto il patto parasociale un fatto puramente amministrativo». Spetterà comunque alla corte d'Appello di Milano la determinazione della pena da infliggere per l'omessa alienazione di partecipazioni contro Lotito e Mezzaroma