ROMAPOST.IT (A. STABILE) - Continua a restare nascosto, a forza di rinvii, il progetto dello stadio della Roma a Tor di Valle. La ragione è a monte di tutto l’iter procedurale: non è infatti ancora al sicuro la vendita a Luca Parnasi del terreno dove dovrebbe sorgere l’impianto. E senza terreno, lo stadio non si può fare. La problematica è ormai vecchia di mesi (Roma Post ha affrontato più volte la questione) ma, nonostante il duro lavoro degli avvocati, non se ne viene a capo. Spieghiamoci meglio: la Sais di Antonio e Gaetano Papalia, che ha venduto il terreno a Parnasi per 42 milioni, è fortemente indebitata (anche con Equitalia) e, il giorno dopo la vendita del 25 giugno scorso dell’area di Tor di Valle, ha chiesto in tribunale di poter accedere al concordato preventivo, procedura che serve a pagare i creditori ed evitare il fallimento. Se ci fosse il fallimento della Sais, infatti, anche la vendita di Tor di Valle, pur fatta prima della richiesta di concordato, verrebbe annullata per legge.
La proposta di concordato di Papalia, ottimale perché prevede sulla carta di soddisfare al cento per cento tutti i creditori, si è arenata da mesi in tribunale sul tavolo del giudice delegato Umberto Gentili, che non si fida delle garanzie economiche portate da Papalia. Queste garanzie però fanno riferimento direttamente a Parnasi che, con i 42 milioni che sborserà a rate a Papalia, gli fornirà la liquidità necessaria per pagare i creditori e onorare gli accordi contenuti nel concordato. A garanzia di quei 42 milioni Parnasi però non ha portato fideiussioni cosiddette “a prima richiesta e senza eccezioni”, che garantirebbero immediata liquidità in caso di mancato pagamento da parte dello stesso imprenditore. Per questo il giudice Gentili non ritiene che i creditori di Papalia siano garantiti: se Parnasi non dovesse pagare qualche rata, Papalia si troverebbe a secco e insolvente e tutto il concordato salterebbe con conseguenze disastrose.
Per sbloccare la situazione Parnasi dovrebbe presentare fideiussioni bancarie a garanzia dei 42 milioni da dare alla Sais di Papalia (qualche rata peraltro è già stata onorata) oppure dovrà cercare un partner, economicamente solido, che lo aiuti. Da un paio di mesi però non se ne viene a capo con conseguenze, e ritardi, inquietanti: lo stadio della Roma non riesce proprio a vedere la luce.