CORSERA (F. MONTI) - Lidea non è nuova, ma a 5 mesi dallinizio del Mondiale in Brasile, Joseph Blatter torna allattacco, proponendo espulsioni a tempo per punire i simulatori, preoccupato dal fatto che le sceneggiate in campo possano rovinare limmagine (soprattutto televisiva) del calcio.
Così Blatter ha preso il computer e ha scritto sul bollettino della Fifa, in uscita oggi: «Se un giocatore è a terra, alla squadra avversaria non è richiesto di mettere la palla fuori dal campo e larbitro deve intervenire soltanto se ritiene si tratti di un infortunio serio. Se il giocatore cerca di rientrare in campo subito dopo essere stato portato via, larbitro può farlo a spe t ta re f ino a quando linferiorità numerica non abbia avuto un impatto reale sulla partita. Si tratterebbe di una penalità a tempo e potrebbe spingere i simulatori a riflettere ».
Riaffiora così la vecchia proposta dellespulsione a tempo, una regola diffusa in altri sport, dalla pallanuoto al rugby, dal football americano allhockey su ghiaccio alla pallamano. Blatter ha molto insistito sulla necessità di avere un aiuto dai calciatori. «Evitare questi imbrogli sarebbe una forma di rispetto verso avversari e tifosi, ma anche verso se stessi in quanto professionisti, che rappresentano un modello per il mondo esterno. Questo tipo di atteggiamento viene trattato con disprezzo in altri sport, mentre è diventato qualcosa di accettato nel calcio, quasi un fatto normale. Anche se la simulazione è qualcosa di scorretto e appare assurda quando viene rivista al replay, cè chi la considera una furbata o, nel peggiore dei casi, un peccato veniale». Blatter ha fatto riferimento anche ai «tuffi in area per avere un rigore, una cosa che trovo profondamente irritante specie quando il giocatore mezzo morto torna alla vita non appena ha lasciato il campo». Allinizio di ottobre, dopo la seconda giornata di Champions, anche Mourinho aveva attaccato i simulatori, chiedendo pene esemplari, con riferimento a Neymar (Celtic-Barcellona 0-1) e a Balotelli (Ajax-Milan 1-1): «Si è visto chiaramente in Champions che esiste la cultura del tuffo. Lo si è notato con gli episodi di Neymar a Glasgow e di Balotelli ad Amsterdam. Una squadra è rimasta in dieci, laltra è stata penalizzata da un rigore negli ultimi minuti. Queste azioni mi intristiscono e mi preoccupano, perché anchio con il Chelsea sono in Champions».
Neymar era stato «pizzicato» anche in Brasile-Uruguay (2-1), semifinale di Confederations Cup a Belo Horizonte, quando dopo un contrasto con Gargano era crollato a terra per una gomitata in volto, mai ricevuta. Un anno fa, era stato sommerso di critiche Luis Suarez, lattaccante del Liverpool, caduto in area, perché circondato da tre avversari dello Stoke City; larbitro non aveva fischiato il rigore, ma alla fine era stato costretto a intervenire il manager dei Reds, Rodgers, per difendere il proprio attaccante. Però la fama di simulatore è rimasta incollata a Suarez, al punto che è diventato protagonista di uno spot pubblicitario, nel quale cade in ufficio, senza nemmeno essere stato sfiorato dai colleghi. Un mese fa, il presidente dellUefa, Platini, aveva detto: «Vorrei cambiare il sistema delle ammonizioni. Nel rugby esiste già lallontanamento temporaneo; nel calcio potremmofare la stessa cosa, per 10 o 15? In questo modo si darebbe la possibilità agli avversari di beneficiare immediatamente di un vantaggio ». Il problema è passare dalle parole ai fatti. Il calcio è uno sport che vive ancora delle 17 regole stabilite dai padri fondatori nel XIX secolo, ma dopo Italia 90, le norme sono molto cambiate; il numero di arbitri e assistenti è passato da tre a sei; il concetto di fuorigioco è stato distrutto; la necessità di aumentare il numero dei gol ha castigato i difensori e offerto agli attaccanti un aiuto decisivo. Se cè la volontà di farlo, non deve la fine del mondo introdurre le espulsioni a tempo.