LA REPUBBLICA (M. CROSETTI) - Il campionato non è soltanto spezzato, è triturato, sminuzzato, più o meno come il Milan. Lo gioca una squadra sola, si chiama Juventus, e lo vince una squadra sola, chiamata Juventus. Lunica avversaria, di nome
Distante unottantina danni, la Juventus degli anni Trenta aveva vinto dieci partite di seguito, e cinque scudetti. Questa di partite ne ha vinte undici e di scudetti due, anzi, quasi tre. Eppure, anche Roma e Napoli hanno battuto il loro record di punti, 44 e 42, segno di altissima velocità. E la Juve vince anche di sera, per interposta persona: Domenico Berardi del Sassuolo, 19 anni, quattro gol al povero Milan, infatti è suo.
Pochi campioni, e in pochissime discipline, si prendono il lusso di gareggiare col passato dopo avere annichilito il presente. Ad esempio Merckx, che quando ebbe cannibalizzato tutti i ciclisti del mondo seppe trovare, come unico avversario di vera sostanza, solamente il fantasma di Coppi. Ora, certo, non siamo allepica, il calcio moderno non la prevede, ma non è colpa della Juve (19 partite, 17 vittorie) se il vuoto attorno ne esalta i confini. Allorizzonte cè poco, anche se Roma e Napoli si stanno superando. Perché è come se la Juve praticasse un altro sport, come se un gruppo di adulti gareggiasse contro i bambini. (...) Del resto, lo diceva pure Giulio Cesare: preferisco essere il primo in un modesto villaggio barbarico che il secondo a Roma, e non parlava della Roma di Totti.