LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Torino gli ha dato scudetti e coppe, la capitale è diventata casa sua: strano destino quello di Zibì Boniek, ala di Juve e Roma negli anni in cui le due squadre scrivevano le pagine più belle della loro rivalità.
«E la gara di questanno sembra uscita da quegli anni: stessa tensione, stesso peso sul campionato».
Ma davvero per Boniek la squadra di Garcia somiglia a quella di Liedholm di trentanni fa?
«Evitiamo paragoni. Alla Roma va riconosciuto di essere lunica squadra che ancora tiene vivo il campionato, senza di loro saremmo di fronte a uno scudetto assegnato a dicembre: hanno possesso palla, verticalizzazioni rapide, giocatori intelligenti ed è furba in campo».
Ma non è prima.
«No, e bisogna solo applaudire questa Juventus, inarrestabile».
Totti però torna a parlare di aiutini...
«La Juve potrebbe avere due o tre punti in meno, penso ad esempio alla gara con il Chievo: non so come si sarebbe messa, senza il gol annullato a Paloschi. Ma questi discorsi valgono poco».
Si facevano anche quando lei giocava a Torino: davano fastidio?
«Se la Juve era protetta, lo era anche quella Roma. E non ho mai avuto la sensazione di essere aiutato. Gli arbitri sbagliano, ma sempre in buona fede. Tranne che tra la metà degli anni 90 e i primi del 2000».
Quali sono i meriti maggiori di Conte e Garcia?
«Hanno timbrato le loro squadre, che somigliano ai loro allenatori: le riconosceresti comunque. E i bianconeri fanno paura, è difficile anche solo fare due passaggi nella loro metà campo».
Ma quale delle due è più forte?
«Sono sostanzialmente pari. La Juve è avanti di ununghia, anche grazie a Pirlo. Ma la Roma ha Benatia, che oggi è il difensore più forte in Europa».
Oggi le manca qualcosa delle gare di trentanni fa?
«Una volta erano battaglie durissime. E il tunnel degli spogliatoi era zona franca, succedeva di tutto. Ce le davamo anche, poi però ci si vedeva al ristorante e si faceva pace. Ora che viene fuori tutto ciò che succede non è più così bello».