IL TEMPO (A. AUSTINI) - Daniele De Rossi non è uomo da giri di parole. Quello che gli altri pensano, lui lo dice. Sempre e comunque. La Juve è stata favorita dagli arbitri e alla Roma è successo il contrario? Si può sottolinearlo senza gridare al complotto.
Ecco come: «Chi ci sta davanti - ricorda il centrocampista - in un momento preciso, in cui le cose non andavano bene, è stato fortunato con gli arbitri. Basti pensare al derby con il Torino, o a Chievo-Juve nei quali hanno avuto episodi favorevoli. Ma come dicono tutti, gli episodi si pareggiano nellarco di una stagione e allora noi aspettiamo che accada». La Roma è sicuramente in credito. «Ci stava il rigore su Pjanic a Torino e almeno uno a Bergamo. Ma credo che a livello arbitrale non ci abbiano danneggiato tanto».
Nessun alibi, quindi, semmai una voglia matta di lottare per quello scudetto che ha sfiorato due volte, «e non ci dormo ancora la notte se ripenso alla sconfitta con la Sampdoria nellanno di Ranieri». De Rossi sente arrivare il momento della rivincita: «Gli obiettivi sono chiari da inizio anno, non ho dato tanto peso a chi diceva che puntiamo a tornare in Europa perché la squadra non si deve accontentare dellEuropa League: lobiettivo è la Champions. Per come è iniziata e per dove siamo adesso non possiamo fare altro che continuare provare a vincere tutte le partite. Se domani ci fosse Juventus-Napoli, tiferei per il Napoli, non ho paura di chi ci segue. Voglio riprendere la prima, noi possiamo farlo. La mentalità non cambia mai, nemmeno per i quattro pareggi. Anche dopo la decima vittoria erano tutti li sul pezzo, pronti ad affrontare il Torino. Abbiamo cenato dentro lo stadio dopo il Chievo ed eravamo tutti carichi perché non volevamo fermarci e il momento positivo non è finito: si è interrotto con partite sfortunate, dove poteva andare meglio. Abbiamo trovato portieri che hanno fatto le partite della vita, arbitraggi sfortunati».
De Rossi è un uomo coraggioso, ma stava a pezzi dopo la finale di coppa persa con la Lazio. «Lho detto ai miei amici - racconta a Roma Channel - e ora lo svelo: quando siamo andati a giocare a Terni lamichevole questestate, mi sono trovato in difficoltà. Per la prima volta non ero a mio agio a giocare, pensavo che quanto successo il 26 maggio non si potesse cancellare. Ma le cose poi si conquistano e quello che si è creato adesso è figlio del 26 maggio anche se molti non cerano. Il gol a Livorno, oltre ad essere importante per il nostro inizio, è stato una bella spinta per me nonostante quel giorno fossi già deciso sul mio futuro e straconvinto di quello che si stava per affrontare».
Sì, Daniele ha capito tutto in un attimo. «Sin dallAmerica si respirava unaria diversa. Poi puoi arrivare primo, terzo, quarto ma ero certo che non avremmo affrontato la stagione "svaccando" come negli anni passati. Ho inquadrato subito le persone, i compagni e soprattutto Garcia. Le differenze sono evidenti, basta guardare la classifica, quello che stiamo facendo, sentire ed odorare lumore della piazza. Hai preso del materiale umano troppo importante, giocatori con la mentalità vincente. E poi è arrivato forse il migliore allenatore nella gestione del gruppo. Credo che Rudi sia stato il tecnico perfetto per riprendersi dal momento più basso della nostra storia. Ci voleva il suo carisma, la sua serenità, lealtà, pacatezza che ci hanno aiutato a ripartire. Rispetto a Capello, un fenomeno per me, è più vicino ai giocatori per una questione di età».
Domani cè il Milan, tappa fondamentale per restare incollati alla Juve. «Paura di Balotelli e Kakà? Ho giocato contro i Milan di Nesta, Pirlo, una squadra travolgente, un altro Milan. Non siamo stati fortunati ad incontrarlo adesso, prima avevano grandi difficoltà, ora sarà più dura. Ma dobbiamo arrivare a Torino con massimo tre punti di distacco dalla Juve, anche se il campionato non finirà lì». Lo spera la Roma per prima.