Made in China

22/11/2013 alle 09:27.

LA REPUBBLICA (M. PINCI) - L'aquila e il dragone a braccetto per la Roma. Il calcio italiano, dopo anni di autarchia, continua ad attirare nuovi investitori stranieri: gli yuan di un gigante del turismo cinese

Dopo l’ingresso di Thohir nell’Inter, altri capitali provenienti da oriente sarebbero dunque vicini a sbarcare nel football tricolore: già entro fine anno, secondo rumors affidabilissimi, le parti vorrebbero chiudere l’affare. Unicredit, da tempo in contatto con il nuovo interlocutore, pur specificando che «non sono state prese decisioni sulla partecipazione », ha confermato in una nota ufficiale la propria «disponibilità a trattare» la cessione delle quote di «un asset non strategico ». Apertura evidente, confermata poi all’agenzia Ansa, spiegando che esistono «le condizioni per raggiungere un pre-accordo nelle prossime settimane». La due diligence sul club giallorosso sarebbe già stata avviata: più complicato invece definire il profilo del soggetto pronto a sbarcare nella capitale.

Uniche certezze, i forti interessi nel settore turistico e una “solidità granitica”. Circola con insistenza il nome di un magnate attivo nel turismo, Chen Feng, titolare della NHA Group, tra le prime 500 compagnie della Cina e che ha appena acquistato per 610 milioni hotel in Spagna ma anche a e Amalfi. Ma il profilo coincide anche con quello di Wang Jianlin, 59 anni, l’uomo più ricco del Gigante asiatico secondo Forbes, con patrimonio da 6,6 miliardi di dollari. Un magnate del real estate, che in Cina sta realizzando la nuova Hollywood a colpi di investimenti miliardari, tifoso del Real Madrid, appassionato d’arte - ha speso 28 milioni di dollari per un Picasso - e del folk tibetano. E che alla Roma è stato vicino, ma geograficamente, lo scorso Natale, quando trascorreva le vacanze nei parchi tematici di Orlando, a due passi dai campi della Disney su cui era impegnata la squadra.

Eppure, dall’istituto di credito non filtrano conferme sul suo nome, nell’ambito di una politica della riservatezza. Una cosa è certa, però: Pallotta, che ha già avuto almeno un incontro con l’interlocutore asiatico, pretende di conservare almeno il 50 per cento della società. E anche Unicredit vorrebbe mantenere una partecipazione minima (il 5%) che come da patti parasociali gli garantisca la possibilità di vigilare sul club e magari di restare in prima fila per il finanziamento dello stadio. Perché allora un soggetto solido dovrebbe mettere mano la portafoglio con la prospettiva di diventare socio di minoranza di una società di calcio italiana? Non certo per passione, quanto per business: il nome di Roma e la à sono considerati brand vincenti e spendibili su scala mondiale. In fondo, dopo anni di gelo e tensioni, i rapporti commerciali tra Stati Uniti e Cina si stanno rafforzando, come testimonia anche l’annuncio del viaggio del presidente Obama a Pechino nel prossimo aprile.

Più facile delineare una sinergia romanista tra rappresentanti delle due maggiori potenze economiche mondiali. Inoltre il progetto stadio - l’idea è presentarlo prima di Natale - appare come garanzia di incassi nel futuro a breve termine. E accordi privati tra i soci possono ridistribuire poteri e gerarchie, oltre ai posti nel cda. Con un aumento di capitale alle porte, l’occasione per scalare la società è ghiottissima. A Trigoria, il prossimo potrebbe essere davvero l’anno del Dragone.