
GASPORT (A. SPALLA) - Sedici anni a Roma e quattro romanzi pubblicati in Italia. Amara Lakhous, scrittore algerino ed esponente della letteratura della migrazione italiana, racconta il suo derby fra integrazione e letteratura. Lei definisce la sua letteratura come «totale». Influenza calcistica? «Amo il calcio, nei miei romanzi
E lo spettacolo?
«Arriva dall’intreccio fra giallo e commedia all’italiana ».
Lei ha raccontato Roma attraverso la lente dell’immigrazione e dell’integrazione. L’evoluzione sociale è coincisa con quella sportiva?
«L’Italia ha una forte identità calcistica, sia a livello di club che di Nazionale. Alla lunga però può diventare un elemento negativo, perché si tende a scaricare sul calcio disagio e frustrazione».
Nel suo romanzo «Scontro di civiltà per un ascensore in Piazza Vittorio», uno dei protagonisti ammette di aver ucciso il gladiatore solo perché era della Lazio. È una provocazione, ma secondo lei fin dove può arrivare l’intolleranza di un tifoso?
«Lo stadio è lo stomaco di un paese. Quando ero adolescente in Algeria c’era la dittatura, eppure allo stadio si sentivano i cori contro lo Stato. La gente era stanca e quello ero uno spazio per respirare. Dallo stadio si può veramente capire l’umore di un paese».
Sappiamo che non è facile, ma se la sentirebbe di provare a dare una spiegazione antropologica del derby di Roma?
«È molto difficile, è troppo irrazionale. A me però piacciono due aspetti: l’ironia dei tifosi e la motivazione dei giocatori ».
Lo sport quale ruolo gioca nell’integrazione fra immigrati e italiani?
«È fondamentale. Ho visto tanti immigrati costruirsi una rete di amicizie grazie al calcetto ».
Romanista o laziale?
«Romanista da sempre».
Un pronostico?
«Ovviamente Roma: mi aspetto un bel 20 ».