IL ROMANISTA (A. F. FERRARI) - Novantadue presenze con la Nazionale maggiore, superato Alessandro Del Piero e ottavo posto nella speciale classifica dei recordman di presenze azzurre. Quella di ieri è stata unaltra giornata importante per Daniele De Rossi, in questa che sembra essere la sua stagione del rilancio anche in giallorosso. Con lItalia ha sempre brillato e ora il terzo mondiale della sua carriera è a un passo. Prima della partita contro la Bulgaria
Parole sulle sue origini. La federazione europea ha voluto conoscere e far conoscere al mondo ancora meglio il centrocampista giallorosso (sempre se ce ne fosse stato bisogno) che da tempo, insieme a Francesco Totti, è il simbolo della Roma. Nellintervista Daniele ha parlato di come, dove e quando è nato calcisticamente: «Il fatto di avere un padre che conosce da sempre il calcio giovanile mi ha aiutato, perché non mi ha mai messo pressione e stress sul risultato e sul venire fuori per forza - le parole di De Rossi -. Gli allenatori delle giovanili mi hanno insegnato la tecnica, che è la cosa più importante nel mondo del calcio».
La prima esperienza in un club di calcio è stata con la squadra dei luoghi dove è cresciuto: «Lesperienza nel mio primo club, lOstia Mare, è stata importante come lo è per tutti i bambini. LOstia Mare è una squadra un po atipica tra quelle dilettantistiche, non è la classica squadra del paesino, Ostia ha 400mila abitanti, è una via di mezzo tra la squadretta e la squadra professionistica, viene fatta abbastanza selezione, non è di basso livello e fu importante per me». In merito a questa esperienza ha svelato: «Mi divertii tantissimo, ricordo che venni preso dalla Roma quando avevo 9 anni, nel 1992, e non ci volli andare perché volevo restare con i miei amici e ci andai a 11-12 anni. Ricordo quellesperienza di Ostia con affetto particolare».
Poi però è arrivata, o meglio è tornata, la Roma: «Il mio passaggio alla Roma è stato graduale. Ricordo con grande commozione il primo giorno in giallorosso. Avevo 11-12 anni, ricordo il distacco che cera dalla realtà dellOstia Mare, i campi derba, labbigliamento, gli scarpini nuovi - ha proseguito -. Tutte cose che mi facevano pensare di essere entrato in un altro mondo del calcio». Sport in cui inizialmente giocava come attaccante: «Sì, quando ero ragazzo giocavo attaccante. Il cambiamento è stato fatto piano piano, arrivai da attaccante, poi ho fatto il trequartista e il centrocampista offensivo e poi la mia carriera è sbocciata quando Mauro Bencivenga mi ha messo davanti alla difesa». Ruolo, quello di centrocampista davanti alla difesa, in cui è diventato uno dei giocatori più forti in circolazione anche grazie allesperienza fatta da attaccante: «Giocare attaccante può aiutarti anche a livello tecnico, lattaccante non ha mai tanto tempo per giocare la palla e quindi puoi velocizzare il tuo gioco, ma mi ha aiutato soprattutto a livello tattico perché capisco prima i movimenti degli attaccanti quando gioco in fase difensiva, visto che gioco a centrocampo ma quasi a contatto con i difensori».