Garcia, il duro inizia a giocare

27/08/2013 alle 11:15.

IL ROMANISTA (D. GIANNINI) - Buona la prima. L’esordio ufficiale di Rudi Garcia sulla panchina della Roma doveva essere necessariamente positivo per dare forza e convinzione a una squadra che avrà il difficile compito di farsi perdonare il 26 maggio e le due ultime stagioni nel loro complesso. Missione compiuta. Tre

Sorrisi pochi, soprattutto all’esterno. Basta andarsi a rivedere il modo in cui ha risposto davanti alle telecamre di Sky quando gli hanno parlato di una possibile multa per aver parlato al telefono dalla panchina con Bompard che era in tribuna (oggi sono attese le decisioni del giudice sportivo). «Una multa? Perché? La radio non funzionava, qui è differente dalla Francia». Non una smorfia, non un’indecisione. Sicuro, serio. Eppure al fischio finale dell’arbitro Massa, anche se le sue labbra non sorridevano, erano i suoi occhi a farlo. Quelli con i quali andava a cercare lo sguardo dei suoi giocatori, per complimentarsi con loro uno ad uno mentre uscivano dal campo. Qualche minuto prima c’era anche lui nel mucchio selvaggio al gol di . O meglio accanto, perché quella montagna umana era invalicabile. Ma Rudi voleva partecipare a quell’abbraccio collettivo. E’ un segnale importante, come l’abbraccio a sempre in quel momento in cui si festeggiava il gol "simbolo" come ha definito lui stesso la rete di Danielino. Vittoria doveva essere e vittoria è stata. Ma non era affatto scontato perché le partenze di non sono mai state a razzo. Nelle cinque stagioni al Lille, una sola volta ha cominciato con una vittoria, l’anno scorso contro il Saint Etienne (2-1 in trasferta).

Negli altri quattro campionati sono arrivati 3 pareggi (1-1 col Nancy nel 2011- 12, 1-1 col Rennes nel 2010-11, 0-0 ancora col Nancy nel 2008-2009) e una sconfitta nel torneo 2009-10 (1-2 in casa col Lorient). Ma anche subito dopo il debutto il Lille spesso non ha brillato. Lo scorso anno ci fu la sindrome degli 1-1 (ben 4 nelle prime 6 giornate). L’anno precedente i primi tre punti arrivarono alla terza giornata. Nel 2010 ci fu il 4-1 in casa del Lens dopo quattro pareggi iniziali. Anche nel 2009-10 il successo si fece attendere fino alla quinta giornata (1-0 al Sochaux), mentre nella prima stagione a Lille riusci a festeggiare un successo dopo 3 turni amari (2-1 al Bordeaux). Ora però l’aria è cambiata. La tendenza è stata invertita. E’ arrivata subito la vittoria che serviva. Importante e meritata, anche se il Livorno di domenica è apparso piuttosto debole. I numeri sono comunque chiari, netti. Basta andare a prendere le statistiche che settimanalmente propone la Lega di Serie A per ogni partita. Scorrendole appare evidente come la Roma abbia imposto il suo gioco anche più di quanto in alcuni frangenti possa essere sembrato.

Si parte dal possesso palla che recita 66% per la Roma contro il 34% del Livorno. 8 a 2 il conteggio dei calci d’angolo. 18 a 5 quello dei tiri, oppure 8 a 3 per quanto riguarda quelli nello specchio della porta. Altissima la percentuale dei passaggi riusciti dei giallorossi (78,4% contro il 55,7% livornese). Inevitabile quindi anche la differenza nella supremazia territoriale che recita: 13 minuti e 56 secondi per la Roma, 5 minuti e 46 secondi per il Livorno. E poi il dato che salta più agli occhi, quello delle palle giocate: 745 per la formazione di , 393 per quella di Nicola. Una cifra importante, in assoluto.

Si può andare a fare il confronto con le ultime due stagioni, cioè con le prime in campionato di Luis Enrique e di Zeman. Lo scorso anno con il tecnico boemo al debutto contro il Catania le palle giocate erano state 597 (stesso numero di tiri effettuati di due giorni fa a Livorno, 18, ma molti di più quelli subiti, 11). Con Luis Enrique nella prima giornata (che era la seconda in calendario) contro il Cagliari anche con un allenatore che faceva tanto possesso, le palle giocate erano state 642 e con una pericolosità minore. E’ solo l’inizio, non si può cantare vittoria per i tre punti di Livorno. Che però sono lì, a fare morale, a dare convinzione, a dire che la strada presa può essere quella giusta. Che c’è una squadra che sa produrre soffrendo pochissimo dietro. Che si vede la mano di un allenatore tosto, serio e, per ora, vittorioso.