REPUBBLICA.IT (A. VOCALELLI) - A mezzanotte, il classico orario delle favole, Allegri si è ripreso il Milan. Ma sarà il tempo a stabilire se le perplessità di Berlusconi sono davvero evaporate nella coppa di champagne
REPUBBLICA.IT (A. VOCALELLI) - A mezzanotte, il classico orario delle favole, Allegri si è ripreso il Milan. Ma sarà il tempo a stabilire se le perplessità di Berlusconi sono davvero evaporate nella coppa di champagne con cui è stato sancito il nuovo accordo. Certo è che il Milan si tiene il suo allenatore, per la felicità di Galliani e di uno spogliatoio che ripetutamente ha fatto sapere di gradire questa soluzione. Molto meno serena è la Roma che, come un principe azzurro scaricato nel peggiore dei modi, ha atteso fuori dalla porta la conclusione dell'incontro. Con il risultato di trovarsi senza allenatore, senza certezze, senza la guida che aveva programmato. Certo, l'annuncio del nuovo tecnico sarà (vedrete....) accompagnato da mille promesse, da finte assicurazioni, da mille parole: ci diranno che - quale Mazzarri? quale Allegri? - quella è sempre stata la reale preferenza, tenuta gelosamente al riparo da indiscrezioni e pettegolezzi.
La realtà, invece, è che la Roma, dopo due anni orribili, si ritrova per la terza volta con il cerino in mano. Nella prima stagione, con gli americani freschi di tappeti rossi e violini, si provò con Guardiola e Villas Boas, per poi planare su Luis Enrique, in nome di una presunta rivoluzione culturale e sportiva. Il secondo anno, dopo un tira e molla incredibile e ancora oggi inspiegabile con Montella, si virò su Zeman, poi velocemente sconfessato. E stavolta dopo aver fatto credere alla gente di poter e dover solo scegliere tra Mazzarri e Allegri - sembravano le primarie giallorosse - la Roma si ritrova con un pugno di mosche in mano. Illusa da Allegri che in fondo ha sempre lottato per tenersi il Milan, preferendo un presidente che non gliele ha certo mandate a dire a una società che era pronta a qualsiasi sacrificio. Una società che era pronta a dargli due o tre anni di contratto, a differenza del Milan che non ci ha pensato neppure ad allungargli quello che scade tra dodici mesi; una società, la Roma, che era pronta ad offrirgli tre milioni e mezzo di euro netti, uno in più di quanto prende per un solo anno al Milan; una società, la Roma, che era pronta ad accontentarlo in toto dal punto di vista degli acquisti, mentre il Milan gli ha fatto sapere che è il club a fare il mercato e lui deve limitarsi a fare la formazione. Anzi no, perché pure su questo ci sarà bisogno di un confronto costruttivo.
Insomma, la Roma esce sconfitta su tutta linea. Innanzitutto della credibilità, esterna e interna, perché sarà dura convincere i giocatori che saranno adesso guidati da un tecnico che gode di tutta la fiducia dei dirigenti. La squadra saprà perfettamente che ancora una volta quella è la terza scelta, con tutti i rischi del caso. Malgrado la Roma, è questo l'aspetto paradossale della questione, da cinque mesi sappia di dover cambiare allenatore. Dal giorno dell'esonero di Zeman, licenziato soprattutto per aver denunciato la scarsa collaborazione di alcuni giocatori e le incertezze della società nel saper fissare delle regole, indicando la strada a tutti. Con il risultato che, cinque mesi dopo, gli stessi dirigenti stanno - per loro stessa ammissione - girando l'Europa per piazzare i giocatori che a Zeman non andavano a genio e, con il risultato parallelo, di non essere riusciti a prendere nessuno dei tecnici che volevano. Detta così, ma è la semplice realtà, viene il dubbio che Zeman, in fondo in fondo, non avesse poi così torto...