CORSPORT (G. DOTTO) - Poche storie. Alla malaticcia Roma di questi tempi manca disperatamente un leader. Più di un leader, un capo. Unico, deciso, inequivocabile. Chiamatelo come volete, presidente, dirigente, allenatore, ma questo serve. Un leader che abbia la voce, la postura e lautorità del leader. Che senta il peso, ma anche lonore e la felicità di esserlo. Che sia capace di ascoltare la voce dei tifosi. Non quella delle radio o dei tweet, ma la voce che non parla. Quella che tace perchè non trova le parole. Perché, si sa, quell
Un leader vero, che non ha bisogno di farsi raccontare cosè lorgoglio romanista, non lascerebbe in queste ore diffondersi la mortifera sensazione che la Roma Calcio stia aspettando i comodi del Multidente Furbacchione Signor Conte Allegri (ma siamo così preistorici da non capire che la sua non è una voce da leader e che se i giocatori lo amano tanto, a cominciare da Balotelli, questa cosa è un po, molto, sospetta?). E così difficile intercettare il subliminale insulto che passa da Milano a Roma di quellimmagine di Allegri e Galliani, colti nellintimità a due di una cena in cui mancava solo il lume di candela? Siamo passati dalla diluviante prosa visionaria del Cosa saremo al silenzio del Non sappiamo più chi siamo. Il silenzio, oggi che la Roma geme, non sa e non capisce, è debolezza. Un capo, oggi, saprebbe come parlare al tifoso per rincuorarlo senza risultare falso o retorico. Avrebbe detto parole forti sulle beghe di Trigoria e i capricci di Osvaldo. Lo avrebbe difeso da se stesso. Avrebbe speso una parola, o forse due, ma definitive, sullo schifoso linciaggio in atto da certa suburra contro Daniele De Rossi, uno che forse si è smarrito come calciatore, ma non si è mai smarrito come uomo e come bandiera. E quella sciarpa mentecatta poi. Finale Tim Cup: io cero. In vendita on line fino a poche ore fa. Un capo vero lavrebbe sbranata a morsi un secondo dopo lultimo fischio di Orsato.