Lotito: "Siamo la prima squadra della capitale. La Lazio ha sovrastato la Roma"

31/05/2013 alle 12:41.

CORSPORT (G. D'UBALDO/F. PATANIA/D. RINDONE) - Il presidente della Lazio, Claudio Lotito, ha rilasciato un'intervista al giornale. Queste le sue parole:

(...) Chi l’ha sorpresa di più tra i giocatori della Lazio nella finale di Coppa Italia?

«Nella stagione tutta la squadra al completo ha dato segnali di coesione, ha espresso il concetto di esistere. In ogni partita c’è chi dà di più e chi di meno. Questa finale non era facile dal punto di vista psicologico. Ci giocavamo il trofeo, la prima volta nella storia attraverso un derby, il primato della à, l’ingresso in Europa. La Lazio è la prima squadra della Capitale. Questo è il dato emerso in modo inequivocabile nel confronto con la Roma, come era già successo in campionato. La squadra ha vinto con merito. Era una partita molto contratta, la Lazio ha dimostrato di sovrastare fisicamente e mentalmente l’avversario. Perché era compatta. La squadra è stata mandata in ritiro. Non era una scelta punitiva, ma solo per ritrovare serenità e spirito di gruppo, per cercare di rimuovere cause ostative che l’avevano frenata. Sabato, per mezza giornata prima del derby, i giocatori hanno ritrovato le proprie famiglie. Mia moglie era la prima volta che veniva a Formello. Vedere tutti questi giocatori con le loro mogli e i figli, mi ha dato un appagamento enorme. Sono riuscito a creare un gruppo vero con sentimenti veri. Sono tutti bravi ragazzi, fantastici dal punto di vista umano. Vedendo questa scena ho capito l’importanza di alcuni momenti fondamentali. E’ una condivisione di intenti. Foscolo parlava di corrispondenza di amorosi sensi. Sono certi fatti subliminali che poi ti portano a raggiungere i risultati. Un esempio? Lo spot fatto dalle famiglie mandato in onda prima che la squadra partisse con il pullman per l’Olimpico. Parecchi giocatori si sono commossi. Avere uno sprone, vinci per me, creare delle condizioni per cui avessero in mente l’espressione di un’intesa familiare e affettiva, ci ha dato qualcosa in più nel derby. I giocatori hanno espresso un ardore diverso, c’è stato in quelle ore un processo di cementificazione. Non è retorica, ma un aspetto reale, vero. Rappresentavano in quella partita tutto il mondo laziale. La Lazio è nata nel 1900 per rappresentare i suoi tifosi. Spero che la gente capisca gli sforzi compiuti dalla società».



Cos’è per Lotito la Roma?

«Mai fatto queste considerazioni, non lo dico per sviare la risposta. Mai pensato a cosa sia la Roma, ma solo a cosa deve essere la Lazio. Sono cattolico e senza essere blasfemo penso che i nostri colori rappresentino anche i valori del cielo. Sono i colori delle Olimpiadi. Questo per me è fondamentale».



Lotito vive la Lazio in prima persona. Può essere un problema per la Roma essere gestita da una proprietà che si trova dall’altra parte del mondo?

«Ognuno ha le proprie filosofie. Quando sono entrato nel 2004, se non avessi agito direttamente, la Lazio non si sarebbe mai salvata. Ho adottato il sistema dualistico per accorciare la catena di comando. Dicevano: Lotito fa tutto, il presidente, il direttore. E’ infondato. Ho un gruppo di persone che lavorano a mio stretto contatto, ma in una società ci deve essere una sola persona che comanda. Abbiamo fatto la rivista, una radio, una televisione, a detta di molti la migliore pay tv del calcio italiano. Mica la faccio io. C’è De Martino a organizzare. Ovviamente si confronta, così come gli altri collaboratori della società. Si è creata una simbiosi».



Se lei stesse a 8mila chilometri di distanza non sarebbe più complicato gestire?

«Se uno compra un bene che sta al di là dell’Oceano si deve avvalere di altre persone. Io ho la Salernitana, non la vivo quotidianamente, ma so cosa succede ogni giorno nello spogliatoio. Chiamo il ds alle 2 di notte. Non bisogna essere presenti solo fisicamente. Arrivo ed entro nello spogliatoio solo quando c’è bisogno. Mai detto a un tecnico chi deve giocare. La formazione la apprendo allo stadio».



Quando dice che certi giocatori sono fuori mercato, significa che rifiuterebbe anche una proposta indecente?

«Non è una forma apologetica. Quello che conta è la società. Dall’esperienza che ho maturato, se non c’è la società, puoi fare la raccolta delle figurine Panini, ma il risultato non lo raggiungi. Sono troppe le componenti. Una squadra è una piccola comunità. Avere un ambiente sereno appaga le persone e aiuta a raggiungere i risultati». (...)