CORSPORT (G. DOTTO) -Tre ragionevoli e quindi deplorevoli contributi di riflessione per aiutare la Roma a uscire dal suo girone infernale, che oggi si chiama impotentia coeundi. Unerezione che dura da due anni (sempre più debole e sempre meno festosa), senza sbocchi apparenti.
Lallenatore - E partita la sarabanda. Si fanno tutti i nomi per la panchina della Roma. Tranne lunico. Tranne quello del miglior allenatore italiano da anni a questa parte. Francesco Guidolin. Fossi in lui non mi sentirei bene. Ha ingoiato rospi immani. Ha visto nel corso del tempo passargli sopra chiunque. Mezze calze, presunti fenomeni, ciarlatani, atterrare su panchine prestigiose. Lui niente. Mai una chance. (...) Il resto è storia nota. Trionfi a ripetizione, due qualificazioni in Champions League e un contratto fino al 2015. Ma questo potrebbe essere un dettaglio. In quasi 25 anni di panchina ha fallito veramente una sola stagione, giovanissimo allAtalanta nel 93. Guadando solo sabbie mobili e pane duro. Un record. Non gli è bastato. Dopo i lirici abbagli (Luis Enrique e Zeman) e il dignitosissimo canto solitario di Andreazzoli (che sconta, come tutti i secondi della terra, il complesso di viversi lui per primo come un secondo), Guidolin è la scelta talmente ovvia e ragionevole, dunque degna di essere ignorata. Guidolin conosce come nessuno il calcio, è un tecnico artigiano, un cesellatore, tatticamente più che flessibile. Sa valorizzare il talento. Che siano imberbi stranieri doltremondo o campioni lunatici. E lui loro dei Pozzo. Ama il gioco palla a terra ma ha una solida concezione difensiva. Motivatore eccellente. Sa parlare ai giocatori, ai media e ora ha imparato anche a parlare a se stesso. Carattere complicato. Introverso, incline al lamento e al rovello, soffriva di qualunque fisima, vedeva ombre ovunque. Era uomo da tapiri. Oggi, a 58 anni, a furia di pedalare montagne vere e metaforiche ha bucato le sue nebbie. Ha imparato a stare al mondo senza diventare troppo mondano. Lui divorato dallo stress? Non scherziamo. Il suo è solo stress da appuntamento mancato. Dategli la grande panchina e solleverà il mondo. (...)
La Roma dopo Totti - E possibile oggi pensare una Roma dopo Totti? Sembra proprio di no. Basta girare la città per capire che i tifosi della lupa oggi sono più tottisti che romanisti. Ripiegati in modo quasi patologico sul loro campione. Che anche lunedì sera ha preso questo suo fragile mucchio allo sbando e se lo è caricato sulle spalle di quasi 37enne con placca incorporata. Tutto questo è allo stesso tempo grandioso e inquietante. Tottizzare in modo così morboso la Roma equivale a confessarne la debolezza. Di più, la ingigantisce. Più ci si rifugia nel totem, più simpedisce a tutto quello che cè intorno di crescere. Le risorse ci sono, i talenti non mancano, ma rischiano di essere opacizzati, inghiottiti da questa imperversante idolatria. I giocatori per primi la subiscono. Totti è il loro magnete in campo anche quando sarebbero più logiche altre soluzioni. Il caso Osvaldo non ha aiutato. Ha fatto una notevole cazzata, vero, sfilando quel rigore a Totti, ma la città lha linciato per lesa maestà. Il meccanismo è sottilmente perverso. Totti è la grandezza della Roma ma anche il suo limite. La soluzione? Nellintelligenza e nella generosità di Francesco stesso. Solo lui può essere lesorcista di se stesso, usare il carisma di Totti per guarire la tifoseria dal fondamentalismo tottiano. Aiutare allo stesso tempo la squadra a liberare le sue risorse. (...)
De Rossi e Osvaldo - La Roma contro De Rossi e Osvaldo. E lultima delle insulse maledizioni di questa complicatissima città. Caso raro di masochismo. Nella storia dellOsvaldo furioso e ora anche innamorato hanno sbagliato tutti, a cominciare dal giocatore, prigioniero di un ego infantilmente e inutilmente turgido. Da qui al linciaggio che ne è seguito, il passo è greve. Si è sviluppata negli anni a Roma unincresciosa piccionaia dellinsulto, della violenza verbale, della drastica liquidazione di cose e uomini. Un tribunale giacobino a tempo pieno, dalla sentenza perennemente in canna. Una triste mutazione antropologica che ha trasformato i tifosi in opinionisti e gli opinionisti in carnefici. La storia di De Rossi è lultima aberrazione. E un ragazzo che ha sempre sanguinato giallorosso, oggi è un giocatore in difficoltà, sentirlo chiamare infame da anonimi, nella sbornia dei cinque secondi di celebrità, fa venire il voltastomaco. Cominciano a essere tanti i giocatori che meditano la fuga da un ambiente così tossico o che ci pensano due volte prima di capitarci. Sono dei bamboccioni viziati? Non sta a noi educarli. Appello dunque alle notevoli intelligenze sparse nelle varie radio romane: una Roma che vince in Italia e in Europa sarebbe manna per i vostri ascolti e le vostre casse. Non date retta allapparente successo della tonnara. Linvettiva svuota chi la fa. Avvelena lambiente. Ti dà un risultato immediato ma, dietro langolo, la morte sicura. (...)