REPUBBLICA.IT (F. BIANCHI) - Ormai sono passati oltre 40 giorni dalla sua elezione: Giovanni Malagò ha quasi concluso la fase esplorativa. Il 16 aprile si terrà la sua seconda Giunta e il presidente del Coni potrà prendere quelle decisioni che aveva annunciato nel suo programma e subito dopo essere stato eletto. Il nodo principale è forse quello della ripartizione dei contributi alle Federazioni: molti presidenti che hanno votato Malagò adesso chiedono che venga rivisto il sistema
Poi, aveva rinunciato per rispetto nei confronti di Giancarlo Abete, assente perché impegnato quel giorno a Milano. Ma secondo Giomi, e altri presidenti, il calcio prende troppo: alla Figc vanno infatti 62 milioni e mezzo di contributi annuali (prima erano un'ottantina) dei 150 disponibili per tutte le Federazioni. "Troppi". E ad alcuni presidenti non va nemmeno giù che la Lega Nazionale Dilettanti, con a capo Carlo Tavecchio, abbia previsto stipendi per i suoi dirigenti, compresi i presidenti dei Comitati Regionali. Proprio nel momento che il Coni dà un segnale importante: Malagò ha rinunciato al suo stipendio (90.000 euro netti all'anno) e lo darà in beneficenza (prima trance, di circa 6500 euro, alla palestra di Maddaloni a Scampia). Inoltre, il Coni ha stabilito che il prossimo anno i politici non avranno più la tessera omaggio per andare non solo allo stadio ma per assistere gratuitamente a tutti gli avvenimenti sportivi. "Che pagassero". Basta Caste.
Per ora c'è un movimento (non ancora una rivolta) contro il calcio che, secondo alcuni, spende male i troppi soldi che riceve. "Se la sbrigassero da soli", sostengono i presidenti di molte Federazioni. Questa sarà la prima grana che Malagò dovrà risolvere: ha già promesso che costituirà una commissione che dovrà occuparsi del problema. Basta che facciano in fretta. I contributi del 2013 sono già stati decisi, e non si può certo tornare indietro: ma per il 2014 si cambia. Detto questo, la "coperta" è corta: il finanziamento dello Stato è di circa 411 milioni (e il governo Monti lo ha alzato, pur non essendo certo un governo attento ai problemi dello sport...).
Cosa succederà in futuro? Gira un pessimismo forse eccessivo: in tanti sostengono che il prossimo governo farà un taglio ai contributi. Non so sarà così, è presto per dirlo. Non si sa nemmeno chi andrà al governo... Di sicuro, Malagò ha ottimi rapporti bipartisan coi politici che contano, e questi rapporti saranno utili per il mondo dello sport. Così come le sue conoscenze e amicizie lo aiuteranno molto quando dovrà andare a trovare nuovi sponsor per il Coni: potranno arrivare un po' di soldi in più, tenuto conto che già ci sono aziende importanti che sponsorizzano il Comitato Olimpico (Armani, Fiat, Ferrero, eccetera). Saranno soldi quantomai utili ma che certo non potranno accontentare tutti, vista la "fame" delle Federazioni.
Da risolvere anche il nodo della Coni Servizi: appena approvato il bilancio, Gianni Petrucci, Lello Pagnozzi e Romolo Rizzoli dovrebbero decadere. Hanno rimesso il loro mandato (a scadenza naturale il 30 giugno 2014) nelle mani del ministro dell'Economia. "Quando ci saranno un nuovo governo e un nuovo ministro, la Coni Servizi avrà un'altra guida" ha detto di recente Malagò.
Di sicuro è contrario alla doppia carica e doppio stipendio (come è stato con Petrucci): il presidente del Coni, secondo Malagò, non deve essere anche presidente della Coni Servizi. Altra "spina": la struttura Coni. "Ci sono situazioni che devo cambiare" (sempre Malagò). Come? "Razionalizzazione e ottimizzazione della macchina, una gestione innovativa rispetto al passato", la promessa. Se ne saprà di più il 26 aprile. E' chiaro che qualcosa cambierà, ci sarà (forse) anche uno scambio di incarichi e poltrone.
Tenendo conto che il Coni, maneggiando denaro pubblico, non è una azienda privata, che ha ampi margini di manovra, ma è soggetto al controllo della Corte dei Conti (e poi c'è sempre la Coni Servizi, che ha le chiavi della cassaforte). Ma credo che anche qui Malagò vorrà lasciare il segno. Lo giudica un aspetto primario nella sua gestione. Altri problemi, non da poco: la situazione (pessima) delle strutture sportive ("una vergogna la legge sullo sport"), e qui il Coni deve viaggiare in piena sintonia coi ministeri competenti e con il Parlamento. E poi il Tnas: terzo e ultimo grado di giustizia sportiva, è diventato un autentico scandalo, uno scontificio assurdo (come ha minuziosamente documentato nei giorni scorsi Matteo Pinci su Repubblica). Non è una corte di Cassazione che magari rimanda gli atti alla Corte d'Appello, vedi delitto Meredith. Ma è un organo che sovente sconfessa i due gradi di giudizio della Figc, e che trasformato, o contribuito a trasformare, il caso del calcioscommesse in una barzelletta. Non si discute affatto sulle persone che compongono il Tnas (tutte di alto livello, scelte in base al loro curriculum e non in base ad amicizie) ma la sua funzione. Argine, è vero, ad eventuali ricorsi al Tar del Lazio: ma il Tnas dovrà essere ridiscusso alla radice, e anche questo ha promesso il nuovo, giovane (54 anni), presidente del Coni.
C'è da dire comunque che Malagò e la sua squadra, Roberto Fabbricini in testa, sinora si sono mossi molto bene. E anche l'operazione-immagine (no tessere omaggio ai parlamentari e rinuncia allo stipendio) di questi tempi ha un significato particolare, che non va sottovalutato. Ma ora al Coni inizia la fase-due.
I cori razzisti e gli 007 di Palazzi - C'è qualcosa che non torna: l'Inter è stata punita con una ammenda da 20.000 euro per cori razzisti, niente invece per la Lazio. Eppure a Roma la questura (vedi Spy Calcio del 31 marzo) è stata attenta, stavolta, e ha individuato due tifosi laziali, "colpiti" con una denuncia e con un Daspo di cinque anni, il massimo. I nomi e i volti non si conoscono. Gli 007 di Stefano Palazzi non si sono accorti di nulla: come mai? Non c'è rapporto di collaborazione fra la polizia e gli inviati dell'Ufficio Indagine. E così il sistema fa acqua: la Lazio è stata punita, lo ricordiamo, con due turni di squalifica in Europa perché il delegato Uefa ha visto il saluto fascista di 200-300 tifosi, mentre nessuna immagine (strano, no?) ha documentato l'episodio e nemmeno le polizia, coi suoi sofisticatissimi sistemi di ripresa, si è accorta di nulla. Stavolta invece gli uomini del questore Fulvio Della Rocca sono stati (più) attenti. E hanno offerto un assist a Lotito (chissà se lo sfrutterà) spiegando che "il club potrà eventualmente rivalersi nei confronti dei responsabili poiché completamente identificati". Ci vuole un rapporto più stretto fra club e polizia per identificare e cacciare dagli stadi questa minoranza di idioti. Le leggi ci sono. Anche se qualche club strilla solo a parole, poi ha paura.
Attenzione, però: non è il caso di Lotito e non è certo prerogativa della Lazio avere qualche tifoso che crea non pochi problemi, economici (vedi appunto Europa League) e di immagine. Un errore grave criminalizzare la società romana. Tutti i club (la Juve, l'Inter, eccetera) hanno allo stadio qualche ragazzotto che si comporta male. Caso Cambiasso: una sola giornata di squalifica anziché le tre previste inb questi casi per il fallaccio su Giovinco. Giusto? Sbagliato? Il calciatore dell'Inter è stato salvato dall'arbitro Rizzoli che ha giudicato il suo intervento grave, non violento. Il giudice sportivo, Giampaolo Tosel, non ha potuto che adeguarsi: il suo è un ruolo da notaio, deve attenersi al referto. Non può basarsi su quello che vede in tv, o che legge sui giornali. Così come nel caso del razzismo: se non gli segnalano un coro o uno striscione, non può intervenire. E nemmeno chiedere un supplemento di indagine. Toccherebbe, semmai, alla Procura federale, che si potrebbe attivare anche in base a notizie di stampa (ma non sempre lo fa).
Tornando a Cambiasso: qualche tifosi juventino rimasto indietro (vista la pace fra i due club) si lamenta, ma io credo che la cosa principale sia una uniformità di giudizio. Non due pesi e due misure: se Rizzoli ha scelto la linea buonista, va bene. Ma vale per tutti, e sempre. Da notare comunque che Cambiasso è stato "premiato" anche per la sua carriera e per il suo atteggiamento dopo l'espulsione: si è scusato più volte, pubblicamente. Non sempre i calciatori lo fanno.