LA REPUBBLICA (F. BOCCA) - Il primo atto ufficiale del derby romano finale di Coppa Italia è stato un vertice presso il ministero dellInterno, il famoso Osservatorio, per cominciare a discutere quando e come giocare. Domenica 26 maggio o un altro giorno? Di sera oppure di giorno? E già questo, a meno di 24 ore dai gol di
Già questo, con i tempi che corrono, dovrebbe riportare a più miti consigli chi parla e pensa prima di tutto allo show e agli interessi del pallone. Discutere del quando e come giocare è un dettaglio minimale rispetto alla garanzia che il derby di Roma dovrebbe dare: saper cioè evitare il suo solito contorno di violenza, di aria avvelenata dai lacrimogeni, di scontri e assalti a colpi di coltello. E un problema di civiltà, prima ancora della Rai che ha giustamente tutto linteresse a trasmettere il derby in prima serata. Sarebbe corretto che questa decisione venisse presa dallOsservatorio, dal prefetto e da chi ha competenza senza pressioni. Soprattutto da parte di chi in 20 anni ha fatto troppo poco per evitare limbarbarimento del tifo estremista. Non si ucciderà certamente adesso la sacralità già perduta del pallone se si decidesse di spostare la partita da quella domenica 26 maggio (lultimo derby è stato giocato di lunedì ad esempio), giornata già difficile per le forze dellordine per le elezioni amministrative a Roma.
Senza contare del problema di quale città si consegnerebbe al nuovo sindaco, se il bilancio del derby fosse quello non dei gol di Roma e Lazio, ma della contabilità degli accoltellati. Lo stesso per il derby di giorno o di notte. Detto che gli ultimi incidenti furono alla luce del sole, in pieno pomeriggio (come se fossero accaduti dopo una partita giocata alle 15 e non prima di una alle 20.45), è giusto che anche questo lo stabiliscano prefetto & C. Visto che poi i conti con i delinquenti a mano armata devono farli soprattutto agenti e carabinieri che di un derby così ne farebbero volentieri a meno.