Aurelio suona la carica

18/04/2013 alle 10:29.

IL MESSAGGERO (U. TRANI) - «Penso solo al Pescara». Aurelio Andreazzoli evita di giocare il derby già a Milano. Ma sa che la gente vuole la Decima, sarebbe la più bella, niente a che vedere con le altre nove coppe. E osserva, prima di lasciare il campo, più



IL NUOVO RUOLO


«A fine gara ho pensato alla mia famiglia». All’andata, il 23 gennaio, sulla panchina della Roma c’era Zdenek Zeman. Adesso il primo è lui e scopre che cosa significa essere protagonista: «Mi sono sentito così dal primo giorno, con responsabilità e con gusto, perché mi diverto. Ho dato una mano a ritrovare le componenti che nel calcio contano: la voglia di partecipare, di fare gruppo e di gioire insieme. Ecco che cosa significa per me essere l’allenatore della Roma». E chiarisce i suoi interventi in questi due mesi e mezzo: «Il gioco questa squadra lo aveva già, e spettacolare. Poi c’erano altre situazioni, ne abbiamo dovuto tenere conto. Ci abbiamo lavorato. Eravamo sfiduciati, bisognava costruire l’entusiasmo e l’appartenenza ai colori. Ora il gruppo è compatto, abbiamo difficoltà fisiche ma siamo contenti. Non è il nostro momento massimo, ma la situazione si sistemerà».



IL DISCORSO NELLO SPOGLIATOIO


Sotto di un gol, Andreazzoli tra i due tempi avverte i giocatori: «Gli ho detto che così non avevamo speranze di ottenere l’obiettivo. Perché quando non siamo aggressivi e non mettiamo in campo le nostre peculiarità e siamo passivi, subiamo l’avversario. Ho chiesto di non essere approssimativi e sono uscite fuori le nostre qualità. Dovevamo darci una scossa. Abbiamo ripreso un ordine logico nel secondo tempo». Resta sui quei venticinque minuti di black out: «Abbiamo dato l’impressione di esser privi di energie, idee, tutto. Non era un problema fisico, ma solo di approccio alla gara. E non è la prima volta che accade. Anche a Torino abbiamo avuto bisogno di uno schiaffone per riprenderci. È strano, perché a volte, come nel derby, vai sotto e ti spegni per dieci minuti. O a Torino vai avanti ma poi ti fermi e ti rovini la vita. Poi i ragazzi riescono a ricomporre il gruppo e a raschiare il fondo del barile per recuperare energie e andare a vincere, come a Torino e qui». Ammette che la difesa a quattro funziona: «Quando affrontiamo squadre con una punta, ci troviamo meglio così». Okay le tre punte: «E’ una fisionomia che ci piace: il nostro calcio è la ricerca del gol». Non boccia Marquinho terzino «perché altre volte lo aveva fatto», ma promuove Balzaretti che «è stato molto bravo».