REPUBBLICA.IT (M. PINCI) - Giocare una coppa internazionale, vincere trofei, anche soltanto trovare più spazio. Nell'Europa che fa i conti con una situazione finanziaria sull'orlo del collasso, anche nel dorato mondo del pallone non è più
ADDIO ITALIA, SI VINCE ALTROVE - "A Napoli sto molto bene, ma il calcio è business e ci sono decisioni che dipendono dai presidenti", il monito di Cavani. A svelarne però sogni, o almeno ambizioni, è proprio il piccatissimo presidente De Laurentiis: "Lui è sempre stato attaccato al Napoli, ma è ovvio che, in un ragazzo di 25 anni, ci possa essere attrazione verso club come Barcellona o Real Madrid". Ma se il Matador gioca ancora a nascondino, a Firenze da qualche ora hanno preso coscienza delle aspirazioni di Jovetic: "In Italia sto bene ma chissà, magari un giorno giocherò in una società inglese". Neanche il flop europeo delle squadre di Sua Maestà sembra aver fatto cambiare idea a Jo-Jo, che nella propria bacheca personale sogna di mettere il trofeo del più forte giocatore d'Europa. Destino che forse non toccherà a Osvaldo, arrivato comunque al capolinea della propria esperienza romana e non certo per questioni economiche: "Roma è bella, ma non facile. Mi dà fastidio soprattutto la critica gratuita fatta con cattiveria". Abbastanza per sognare Chelsea e Tottenham, con il rischio di doversi accontentare di un trasloco russo. Persino una bandiera come De Rossi ci pensa, e da anni: che sia arrivato il momento?
TORNARE PER RITROVARSI - Tra tanti che non vedo l'ora di andare, c'è anche chi, pur di tornare, sarebbe disposto persino a lasciare sul tavolo una parte dei suoi emolumenti da favola. E che a pensarci sia un bulimico di gol e quattrini come Zlatan Ibrahimovic serve ancor di più a capire come, mai come oggi, nel calcio la liquidità non sia tutto: l'agente Raiola lo ha già offerto alla Juventus sperando a Torino abbiano dimenticato lo strappo del 2006. Ibra forse preferirebbe il Milan, anche se l'importante è tornare in quell'Italia dove applausi e titoli - personali e di gruppo - non gli sono mai mancati: unica via per non rimpiangere quel Pallone d'Oro mai vinto. E anche il barcellonista Sanchez, pur di dimenticare la panchina blaugrana, impugnerebbe le forbici spuntando l'estratto conto mensile pur di ritrovare un posto fisso italiano: Napoli e soprattutto Inter lo sanno e fanno i conti per soddisfarne le aspettative.
ANCHE I SIMBOLI LASCIANO - Le stesse che ha Rooney, in discussione a Manchester dopo anni di sacrifici nel nome di "papà" Ferguson, vedendosi preferire un Welbeck qualsiasi. Troppo anche per lui. Meglio, allora, cercare gloria e onori lontano da casa, magari a Monaco di Baviera da Guardiola, o - perché no? - nella Parigi liberata dal cannibalismo di Ibra. Una piazza a cui guarda con simpatia anche un altro giocatore simbolo come Cristiano Ronaldo: l'età spagnola della stella di Madeira sembra destinata a lasciare il posto a una nuova stagione - stavolta sì, onorata a peso d'oro - e i petrodollari di Al-Thani sembrano la moneta giusta per assicurarsi le prestazioni del fuoriclasse. E da Madrid a Parigi potrebbe arrivare anche Mourinho: perché la sindrome da addio rumoroso sembra aver contagiato anche i tecnici e il guru di Setùbal in Francia potrebbe inseguire un doppio record: essere il primo tecnico a vincere il campionato in 5 diversi paesi europei e il primo a vincere la Champions con il Psg. Percorso inverso lo compierebbe Ancelotti, tentatissimo dal sogno Real. Non saranno Messi, ma bastano a far sognare.
ECCEZIONE BARCELLONA - Ecco, proprio Messi incarna forse l'unica eccezione: quella del Barcellona, che alterna le spalle senza mai cambiare gli interpreti principali del proprio copione perfetto. Cui, magari, dalla prossima stagione aggiungerà anche il campione di qualcun altro, un Suarez o magari addirittura un Neymar: in fondo, chi non lascerebbe casa propria per inseguire un sogno?