Lo sceicco: “Quante bugie sul mio nome ma vedrete, prenderò la Roma”

13/03/2013 alle 09:17.

LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Appuntamento al bar di un Autogrill alle porte di Roma, sulla strada di ritorno verso l’Umbria. Per un caffè: «Pago io, vede che i caffè li offro?». Adnan Adel Aref Qaddumi Al Shtewi (nome poi ridotto nei documenti italiani), lo sceicco che vuole la Roma, compare vestito da un cappotto blu, occhiali da sole firmati, sciarpa di ottima fattura. Fin troppo facile parlare dell’affare per il club giallorosso: «Non capisco perché sono così attaccato



Chiudere la partita per poter cancellare gli attacchi — lui li vive così — sulla sua credibilità d’investitore. Vuole farlo entro domani per rispettare la scadenza fissata. Avrebbe già preparato i documenti per un Ordine Irreversibile di Pagamento subordinato alla firma sui contratti per acquistare la metà di As Roma Spv llc, che controlla il 60 per cento della Roma. Contatti continui con la proprietà Usa a Boston, da dove domani dovrebbe arrivare un inviato per capire se esista davvero la possibilità di chiudere. O se continuare a cercare soci con cui sottoscrivere l’aumento di capitale che dovrà garantire la copertura di una situazione debitoria non certo leggera per il club.



In fondo il presidente Pallotta non ne ha mai fatto mistero: servirà una ricapitalizzazione di 80 milioni, forse anche qualcosa in più. Colpa anche di un indebitamento monster (oltre 90 milioni) con Unicredit, socio al 40 per cento degli americani e osservatore decisamente scettico della trattativa con Qaddumi.

Colpa, chissà, anche delle foto alla sua casa fuori Perugia: «Dicono sia due camere e cucina — sbuffa lo “sceicco” — ma se è una casa su due piani, come si fa a scriverlo? E poi non abito più lì da un po’. Ho letto che mio fratello vende collanine: la verità è che ha una parte importante del bazar più grande di Nablus. E la mia casa in Cisgiordania è una reggia di quattro piani, costruita in pietra: perché non andate a scattare le foto a quella?».



Persino la figura di Michele Padovano, per qualcuno inquietante, con cui si è presentato all’Olimpico: «Ci siamo conosciuti in vacanza, a Orbetello. Mi aveva detto di avere problemi giudiziari, quali l’ho scoperto solo più tardi, anche se spero li risolva. Comunque non entrerà mai nella Roma». Perché lui la Roma vuole prenderla davvero: «Sì, credo di riuscirci, sto lavorando molto, ma della situazione non parlo, è delicatissima ». Indiscrezioni assicurano abbia un patrimonio di quasi due miliardi di dollari: «Più o meno, ma che importanza ha? E poi, fidatevi di Pallotta».



La sua credibilità in Italia scricchiola, ma più di tutto l’ha urtato la vicenda del Don Orione di Bergamo (casa di riposo al centro di una trattativa che lo sceicco comunque nega) e le accuse di aver millantato parentele con i reali dell’Arabia Saudita: «Una cosa vergognosa, sono stato in quella struttura solo per motivi personali accompagnato da un amico. Adesso ho sporto querela, ho anche testimonianze scritte del motivo per cui ero lì: quelle bugie mi hanno creato problemi anche con il mio lavoro in Medio Oriente ».



Quali? «Abbiamo chiuso un contratto per la costruzione di una new , Assir, con l’Hitech International Group/Aramco per costruire una à industriale. Un affare importantissimo, e quella storia ha rischiato di minare i miei rapporti». Che, mostrando il telefono, assicura di livello altissimo: «Avete scherzato sulle mie origini, ma conosco bene i reali sauditi, e quelli di Giordania». Degni di uno sceicco, in attesa di capire se a parole o anche nei fatti.