IL MESSAGGERO (P. MEI) - Ora se, come i cuori che palpitano in giallorosso si augurano, la Roma dovesse cominciare una delle sue celebri e celebrate cavalcate sarebbe facile dire e pensare: visto? La colpa era di Zeman. Tutto
Certo, nessuno avrebbe mai pensato che Stekelenburg dovesse uscire dalla porta principale per lasciarne la custodia (la custodia?) a un ragazzo che potrà crescere ma un ragazzo, come Goicoechea, un altro che, come la Roma tutta, richiedeva tempo e pazienza. E meno ancora di nessuno ce nerano che avrebbero preventivato che De Rossi, Capitan Futuro, trattenuto nella rosa giocando sul suo amore giallorosso e su molti zeri, finisse per vedersi preferito Tachtsidis, un prospetto greco, ma per ora solo un prospetto da far germogliare. E queste sono state le scelte di Zeman. Ma ci sono anche altri.
La società allamericana, per esempio, che rappresenta una interessante spinta allinnovazione, per la Roma e per il calcio, magari con lintroduzione di dinamiche differenti da quelle cui si è abituati. Però non che se Zeman ha sbagliato, e prima di lui Luis Enrique, non cè lerrore a monte: un progetto (parola da abolire, pare) va anche sostenuto con atti, pensieri ed opere e non con omissioni. O con dichiarazioni che tagliano lerba sotto i piedi e la terra pure. Non ci si salva lanima fingendo lassunzione di responsabilità, lunanimità dintenti e tutte le altre belle cose che non cerano.E dette pure male. Va sostenuto con un presidente che presieda non un oceano lontano e con dirigenti (Baldini, Sabatini) che dirigano sì, ma abbiano ben presente la direzione presa o da prendere. E i giocatori poi, non tutti né Totti come si diceva. Lultima volta ce nerano che pascolavano sul prato dellOlimpico aspettando che passassero i 90 minuti e Zeman.