«Andate a lavorare!»

02/02/2013 alle 10:15.

IL ROMANISTA (M. MACEDONIO) - L’As Roma siamo solo noi» c’è scritto, inequivocabile, al centro della Sud. Compare poco prima che cominci la partita, lo striscione che occupa la parte bassa della curva. Ed è proprio nel momento in cui viene ripiegato, dopo un paio di minuti dal fischio d’inizio, che il Cagliari va inesorabilmente in vantaggio. È allora che ripartono i fischi, sia pure per poco. Quegli stessi che si erano sentiti alla lettura



Perché anche in curva sembra essere una serata all’insegna di sentimenti contrastanti. Quasi lo specchio di ciò che si è vissuto in questi giorni. Una verità e il suo opposto, neanche convivessero due anime in disaccordo tra loro. Dopo il gol di riprendono infatti anche i cori di sostegno alla squadra, così come – insieme alla contestazione di una parte della tifoseria nei confronti del tecnico – campeggia, in alto tra i Distinti, lo striscione che recita «Zeman non si tocca, laziale sciacquate la bocca». C’è comunque più gente di quanta se ne prevedesse, tenuto conto che si gioca in un giorno feriale, anche se non è una serata fredda. Insomma, i tremila paganti che si paventavano alla vigilia sono in realtà ottomila, che in aggiunta ai quasi venticinquemila abbonati fa un numero accettabile, benché la gara non sembri meritare una tale affluenza. Il primo tempo scorre infatti via tra pochi lampi e tanti – ahinoi, i soliti – svarioni, in attacco come in difesa. Almeno fino a quando il capitano non ci mette l’impronta che serve. E fa 1-1. Che ci sia solo lui, manco a dirlo. Anche se la curva, per la milionesima volta, non manca l’occasione per ribadirlo, mentre a bordo campo prende a scaldarsi, strappando applausi che sanno di speranza di vederlo entrare.




Quando Romeo fischia la fine dei primi 45 minuti, c’è più indifferenza che disapprovazione, da parte del pubblico. Quasi la concessione di una tregua. Altri 45 minuti a disposizione della squadra per smentire cattivi pensieri e quanto di brutto e indefinibile s’è visto fino a quel momento. Sa di nemesi, quindi, all’inizio della ripresa, la “caporetto” di Goicoechea. Che diventa di tutta la squadra, sempre più incapace di reagire, visto che nello spazio di pochi minuti il vantaggio degli ospiti si fa ancora più pesante e netto. “C’avete rotto er c….” grida ora a piena voce la curva. Dove fa adesso la sua comparsa la scritta “Via il boemo”. Manco fosse lì, pronta per l’uso. Ed è una salva di fischi quella che accompagna Taxi all’uscita, in cambio di Daniele. Almeno per il greco, finiscono qui, per stasera. Continuano invece per il , che ogni volta che tocca palla ne è subissato. In panchina si copre la bocca, Stek. Un po’ per celare i commenti che scambia con , e un po’ – forse – per nascondere un possibile sorriso amaro, di chi sta consumando la sua piccola rivincita personale. Quando, ancora a venti minuti dalla fine, il risultato assume proporzioni insostenibili anche per il tifoso più paziente di questo mondo, lo stadio comincia pian piano a svuotarsi. Anche le bandiere che fino ad allora, nonostante tutto, avevano continuato a sventolare, si abbassano e si riarrotolano. Resta lo spazio per cori dal significato esplicito («Andate a lavorare»), quando non si fanno più pesanti, rivolti alla squadra ma anche alla dirigenza («Pezzo di m…» e «Vaff…»), toccando in egual misura tanto il direttore sportivo quanto quello generale. Al 95’ (!), il fischio di Romeo è quasi una liberazione, mentre quelli dello stadio – che intanto chiede a Goicoechea “facci un gol” e alla squadra, inutilmente, di andare sotto la curva – vogliono dire una cosa sola: si giri pagina, e al più presto.